Loris Andrea Stival aveva solo 8 anni, un’età in cui i bambini sono ancora innocenti, liberi, fantasiosi e spensierati ed ancora si affidano alle madri ed ai padri amandoli senza nessuna riserva e senza alcun pregiudizio.
Loris è morto, è stato ucciso con violenza e ferocia:
la sua brevissima vita è stata spezzata sotto la stretta di una fascetta di plastica chiusa intorno al collo (presumibilmente una fascetta da elettricista) che lo ha lasciato senza più respiro.
Già i primi esami peritali sul corpo hanno dimostrato che la piccola vittima aveva le mani legate:
le manine di Loris erano state serrate in un laccio simile a quello che lo ha strangolato; incapace di difendersi e di fuggire dal suo assassino, Loris se ne è andato, piccolo e fragile com’era, così ha chiuso i suoi occhi di bambino.
Ma sul volto di di chi si è perso lo sguardo di Loris prima di spegnersi per sempre?
E per quale motivo è stato ucciso?
L’indagine per l’omicidio di Loris, avviata subito dopo il rinvenimento del cadavere del piccolo, ha portato, nella giornata di ieri, Veronica Panarello, la mamma di Loris, in carcere:
la donna dopo 2 lunghi interrogatori si trova in stato di fermo ed in attesa dell’udienza di convalida del fermo (udienza che deve avere luogo entro la serata di oggi) ed è stata dedotta nel carcere di Catania.
Sulla madre di Loris grava un provvedimento di fermo “infamante”, infatti a lei gli inquirenti riportano ed attribuiscono tutte le responsabilità per l’omicidio del figlio, Andrea Loris Stival.
La stampa, che ha filtrato molte indiscrezioni relative ai diversi momenti e passaggi delle indagini, ha da subito sottolineato le contraddizioni rilevate dagli inquirenti nei racconti di mamma Veronica.
Allo stato attuale quali sarebbero queste contraddizioni, capaci anche di giustificare e motivare uno stato di fermo?
Veronica Panarello ha più volte raccontato agli inquirenti quel che accadde nella mattina del 29 novembre scorso; non ha mai cambiato la sua versione sostenendo sempre di avere lasciato Loris poco distante dalla sua scuola; accompagnata dalle forze dell’ordine, la donna ha persino ripercorso materialmente le strade su cui era transitata la sua autovettura in quel sabato mattina ed ha costantemente sostenuto di essere rimasta per tutta la mattina nella piena ed esclusiva disponibilità dell’automobile.
Malgrado tutto la versione di mamma Veronica sembra palesemente confliggente con le risultanze delle registrazioni video immortalate dai diversi impianti di sorveglianza installati lungo il percorso seguito ed indicato dalla donna.
Questa disarmonia è, secondo gli inquirenti, documentata dai video che non sarebbero dunque né equivoci né equivocabili.
Proprio sulla base dei frame video che riprendono Veronica Panarello e i suoi bambini nella mattina del 29 novembre, gli inquirenti sono arrivati a collocare Loris in casa Stival dalle 8:32 in poi. Nell’ordinanza di fermo gli inquirenti partono da questo dato: Loris rientrò in casa alle 8:32 e non uscì più, inoltre nell’intervallo tra le 8.49 e le 9.23 nessun’altra persona “non conosciuta” entrò nel condominio.
Sulla base di queste indicazioni probabilmente “certificate dai frame video”, gli inquirenti ipotizzano un omicidio avvenuto in casa e un successivo occultamento del cadavere compiuto trasportando il corpicino del bimbo in auto, ove sarebbe stato caricato dall’assassino stesso passando per la scala interna che da casa Stival porta al garage.
Durante l’accertamento urgente effettuato in casa Stival sono state repertate e sequestrate delle forbicine.
Le forbicine sequestrate potrebbero essere state adoperate all’interno della stessa abitazione (ovvero lì dove Loris era morto) per tagliare le fascette elettriche con cui il bambino era stato strangolato e bloccato? Ed è possibile che siano poi rimaste nell’appartamento? Ma chi ha adoperato quelle forbicine, eventualmente per tagliare le fascette da elettricista?
Va ricordato che i primi accertamenti peritali sul cadavere di Lori hanno evidenziato la presenza di graffi sul collo e sul volto, segni compatibili col tentativo di tagliare la fascetta che aveva strangolato il bambino.
Un inviato della notissima trasmissione Rai “Chi l’ha Visto” ha trovato nell’area del rinvenimento del cadavere di Loris proprio una fascetta elettrica parzialmente bruciata. Ovviamente il giornalista ha prontamente allertato le forze dell’ordine che non solo hanno fotografato e repertato la prima fascetta ma ne hanno trovato persino un’altra.
Ecco le foto pubblicate sulla pagina web di “Chi l’ha Visto”:
In che modo possono uccidere queste fascette da elettricista?
La fascetta da elettricista è certamente un’arma del delitto anomala, lo strangolamento avviene più comunemente con l’ausilio di una corda o di un laccio qualunque. Mentre il laccio può essere gestito dalle mani dell’assassino in più modi e con una maggiore “facilità”, la fascetta implica un uso preciso che in linea teorica potrebbe dirsi incompatibile con l’impeto e l’irruenza di un momento di follia: le fascette per essere serrate pretendono che il capo “libero” entri in una specie di passante posto sul capo opposto della fascia, solo dopo aver compiuto questa operazione peculiare la fascetta può essere stretta in modo da causare lo strangolamento. Ovviamente perché la vittima possa soccombere ad un processo così “complesso” (molto diverso dallo strangolamento per esempio con una corda stretta intorno al collo) quanto meno è indispensabile che il soccombente sia immobilizzato o si trovi nell’impossibilità di muovere le mani (con cui naturalmente cercherebbe di impedire all’aggressore di serrare la fascetta intorno al collo).
L’assassino di Loris allora, seguendo le tracce indicate dal provvedimento di fermo a carico di Veronica Panarello, sarebbe la mamma; lo avrebbe ucciso in casa; adoperando delle fascette da elettricista avrebbe prima immobilizzato le mani del bambino, come dimostrano i segni sui polsi, e poi lo avrebbe strangolato; da sola avrebbe caricato il cadavere in auto transitando dalla casa al garage attraverso una scala interna, lontana da occhi indiscreti; avrebbe portato il corpicino di suo figlio senza vita sino all’area del Mulino Vecchio e lì lo avrebbe gettato in un canale nascosto in un canneto; dopo l’omicidio e l’occultamento di cadavere mamma Veronica sarebbe riuscita a prendere parte ad un corso di cucina; infine dinnanzi ai cancelli dell’istituito scolastico del figlio la donna avrebbe inscenato la scomparsa di Loris, pur sapendolo morto; e solo per destino e fatalità un cacciatore esperto della zona avrebbe rinvenuto il corpo poche ore dopo la denuncia di scomparsa.
E’ possibile tutto questo?
La stampa si è molto soffermata sulle dinamiche dell’evento delittuoso, come del resto hanno fatto gli inquirenti svolgendo il loro lavoro investigativo ma, a fronte della ricostruzione appena esposta, ciò che manca del tutto è il movente dell’omicidio.
Esiste una domanda che vale la pena porsi: una mamma – assassina può continuare la sua vita “normale” immediatamente dopo l’uccisione di un figlio?
E’, cioè, possibile credere che la donna subito dopo aver dismesso il cadavere del suo bambino abbia potuto prendere parte ad un corso di cucina come sa la vita continuasse normalmente?
Al di fuori di una seria e comprovata patologia mentale probabilmente ciò è difficile da credere.
Ed a fronte di questa lecita domanda va detto e sottolineato che mamma Veronica continua a dichiarasi innocente, lo fa apertamente per il tramite del suo legale che respinge l’accusa di omicidio promettendo la piena collaborazione della sua assistita con l’intento di affermarne la totale estraneità alla morte di Loris.
Veronica Panarello si dichiara estranea alla morte di suo figlio.
Il legale di mamma Veronica chiarisce che i frame delle telecamere sono ancora elementi da approfondire e riconsiderare perchè per di più non sarebbero nitidi; ribadisce che la sua assistita non ha mai tentato il suicidio, men che meno con delle fascette elettriche com’era stato insinuato nei giorni passati; sottolinea che la versione della donna è rimasta sempre la stessa e si dice pronto a comprovarla; precisa che la sua assistita ha volontariamente consegnato alle autorità un campione di DNA.
La velocità e la facilità di transito delle notizie, in televisione come in rete, comporta in qualche modo anche una più ampia e immediata tendenza al giudizio pubblico e popolare. In questo senso va rivendicato il rispetto verso una madre che ha perso il figlio e che resta innocente sino al giudizio definitivo (o sino ad una confessione).
La famiglia continua a difendere e sostenere Veronica e l’avvocato continua a ribadirne la totale estraneità all’evento della morte del figlio.
Quando è uscita dalla questura di Ragusa mamma Veronica è stata letteralmente sovrastata dalle urla della gente che gridava: “vergogna”, e quando ha raggiunto il carcere catanese le voci rabbiose dei detenuti si sono sentite anche fuori dalle mura della prigione sino all’antistante piazza Lanza, gridavano: “assassina, assassina, devi morire…”.
Veronica Panarello nella struttura carceraria è in isolamento, debitamente lontana dai detenuti che l’hanno accolta senza pietà e senza concederle il beneficio del dubbio, viene guardata a vista e si attende l’udienza di convalida del fermo.