Non c’è dubbio se si vuole trovare qualcosa di buono anche in qualcosa che buono non è, come vuole insegnarci una certa filosofia, ecco che la crisi che tanto attanaglia gli italiani ha portato con sé senz’altro il risultato di vederci tutti più attenti agli sprechi e portati al risparmio, nel ritrovare quel gusto del riciclo e del riuso.
Molto spesso, proprio parlando dei soldi che non bastano mai, la persona media sostiene che si può rinunciare a tutto ma sul cibo non si può certo tagliare la qualità. Purtroppo non è vero per tutti e di frequente la gente si “accontenta” di prodotti più scadenti e di indubbia provenienza.
Un certo tipo di risparmio però potrebbe essere adottato da tutti e consiste proprio nel non sprecare risorse ancora assolutamente fruibili.
La società consumista ci ha abituati fin troppo bene a scartare e buttare tutto ciò che non presenta più caratteristiche ottimali. E’ poi subentrata la mitica “data di scadenza”o il “consumare entro il…” con “consumare preferibilmente entro il…”, introdotti giustamente per legge a scanso di vedere consumare alimenti avariati, dove il buonsenso manca o la frode è in agguato e dunque sopperisce la legge.
La data di scadenza è generalmente più vincolante mentre lo sono meno le altre due diciture che ci indicano solo che da quel momento, anche con una corretta conservazione, non si garantiscono tutte le caratteristiche organolettiche dell’alimento.
Questa giusta tutela però spesso induce e obbliga i consumatori ad una valutazione rigida del cibo, senza tenere conto di alcune peculiarità specifiche, creando addirittura un iper selezione che, in alcuni casi estremi, induce a non consumare neppure ciò che è anche solo in prossimità della data di scadenza o alimenti scaduti da pochissimo che conservano ancora tutte le caratteristiche di freschezza date da una conservazione magari oculata e attenta.
Spesso un prodotto non scaduto può non essere buono per vari motivi, tra i quali la conservazione errata; per i motivi opposti può essere invece buono un prodotto già scaduto.
Inoltre è bene ricordare che una mela un po’ avvizzita non è per niente marcia o immangiabile!
Negli ultimi decenni si sono formati dei veri e propri movimenti organizzati alternativi come quello Freegan o il Movimento per la decrescita felice che hanno cercato di diffondere una cultura opposta a quella consumistica.
I risultati raggiunti sono ottimistici e sono serviti, ad esempio, per dare nuova vita agli “avanzi” di mense scolastiche o a diffondere la cultura di banchi del supermercato last minute con le offerte in scadenza che non devono né far vergognare chi li acquista né dubitare, perché sono frutto di scelte solo intelligenti e rispettose!
Normalmente questo stile di pensiero è molto più diffuso all’estero che da noi.
I freeganisti hanno anche stilato un elenco degli errori più comuni commessi in relazione agli alimenti considerati “non più buoni”:
Il latte fresco, per legge, deve avere una scadenza a 5 giorni dall’imbottigliamento ma se è ben conservato ha una vita media di sei-nove giorni. Non ci crederete ma basta assaggiarlo o annusarlo! Inoltre se scaldato anche leggermente rilascia subito una cagliatura caratteristica se non è più bevibile.
Lo yogurt scade dopo 20-30 giorni dalla produzione ma spesso è buono anche fino a 10 giorni dopo la scadenza, anche se la carica dei fermenti vivi decade ma basta assaggiarlo e poterlo gustare anche scaduto!
La carne fresca ha una durata di circa 3 giorni in frigorifero e il pollo sottovuoto circa 6-7 ma se surgeliamo subito la carne potremo approfittare anche maggiormente delle offerte basate sulla quantità e potremo consumarla nel corso dei mesi, fino a 6 in media.
Non ci crederete ma anche il pesce, così spesso messo sotto il banco di accusa della presunta freschezza, benché abbia un tempo di conservazione più limitato, una volta congelato può durare fino a 12 mesi!
Il prosciutto cotto si deteriora molto più velocemente del prosciutto crudo che invece può rimanere nelle vaschette sigillate fino a 3 mesi. Una volta aperte le confezioni invece, dovreste consumarle nel giro di 3-4 giorni, questo è più o meno valido per tutti i salumi.
Le uova devono avere una data di scadenza che deve essere di 28 giorno dopo la deposizione, si possono ancora consumare però dopo 5-6 giorni ma non oltre, spesso infatti, prima di sviluppare caratteristiche visibili, sono già contaminate microbiologicamente e possono portare problemi.
I sughi freschi o confezionati ma aperti, devono essere conservati in frigorifero, in qualsiasi stagione, e consumati entro 8-10 giorni. Quelli ancora sigillati possono essere consumati generalmente anche 1-2 mesi dopo la data di scadenza, previo controllo di aspetto, colore, odore e sapore.
La pasta secca ha normalmente un periodo di conservazione garantito tra i 18 e i 24 mesi e se correttamente conservata si può prolungare anche di 2 o 3 mesi.
I biscotti possono essere consumati anche fino a qualche mese dopo la scadenza anche se spesso iniziano a perdere la loro fragranza.
Le confetture, grazie al potere conservativo dello zucchero, possono essere conservate anche per più anni e consumate anche mesi dopo la data di scadenza indicata, previo esame obiettivo.
I prodotti conservati sottolio in vetro possono avere una scadenza di 3 anni dal confezionamento ed una tolleranza fino a 1-2 mesi dopo. La durata del tonno, in particolare, può essere anche di 5 anni e di conseguenza anche la tolleranza post scadenza sarà ampia.
Le salse che contengono uova sono molto più deteriorabili e legate alla data di scadenza, con tolleranza minima, rispetto a quelle, come il ketchup, che possono essere consumate anche fino a qualche settimana dopo.
I gelati confezionati possono essere consumati anche qualche settimana dopo la scadenza, tutt’al più si formeranno alcuni cristalli di ghiaccio che potrebbero renderli meno gradevoli ma non rischiosi.
Per concludere: l’olfatto, la vista, ancora prima del gusto, ci aiutano a capire e ancora soprattutto va usato il buonsenso, soprattutto se gli alimenti devono essere somministrati ai bambini, a persone più delicate o con problemi specifici.
Fonte: Bioradar