Il 13 dicembre 2011 muore Kate Chilver, definita come il caso più eclatante di anoressia della storia clinica di questa malattia. Si spegne a soli 31 anni con un peso di 29 chili.
Non c’è tanto da dire se non che la sua lotta è partita già all’età di 12 anni ma, nonostante la buona volontà della stessa ragazza e tutto l’impegno dei medici, è avvenuto l’inevitabile.
I suoi organi non rispondevano più ed era impossibile che rispondessero visto che la malattia li aveva uccisi ancor prima di lei. Le arterie erano in parte necrotizzate e non lasciavano affluire il sangue così come parte dell’intestino e dello stomaco.
Non è possibile, al giorno d’oggi, morire di anoressia quanto, in realtà, la stessa anoressia è un’insieme di tante malattie che subentrano successivamente, quando non è più possibile un aiuto. Questa ragazza come tante altre, addirittura una su duecento, sono piccole creature fragili che cercano, ancor prima delle cure mediche, di essere comprese dalla famiglia e dagli amici.
17 novembre 2010 muore a soli 28 anni, Isabelle Caro, divenuta famosa per un servizio fotografico di Oliviero Toscani che aveva realizzato dei manifesti pubblicitari contro l’anoressia. Pubblicità che fu ritirata perché accusata di incoraggiare le ragazze all’emulazione.
Questa ragazza è sicuramente un esempio emblematico, benché solo un esempio tra i tanti, di quello che la morbosità di alcuni genitori possono, a volte, causare.
La madre comprende anche tutto il male fatto alla figlia per una forma di cieco egoismo e quando questa muore, sotto l’impulso di un estremo atto, altrettanto egoistico, si toglie la vita. Non sembra che questo estremo gesto sia stato la risposta ai propri sensi di colpa quanto la risposta alla perdita dell’oggetto della sua espressione.
Questa la sua storia in breve: la madre si era separata dal marito quando Isabelle aveva solo quattro anni. La donna si lega alla bambina in modo viscerale e malato, dandole il significato di una rivalsa personale per il fallimento avuto come moglie. Presto si accorge che la figlia cresce e cerca di evitare questa crescita perché, crescendo, prima o poi sarebbe andata via e avrebbe decretato un suo ennesimo fallimento.
La figlia asseconda volentieri la mamma per non dispiacerle e se la madre le fa indossare vestiti molto piccoli, lei evita di mangiare per non crescere. Il vortice di una storia malata che finisce, come tante malattie, con la morte.
Valeria Levitin, 41 anni, 25 chili, il peso di un bambino di 7 anni, è considerata la donna più magra del mondo.
Nasce in Russia e fin da bambina viene istruita per tenersi lontana dalle calorie. Sedicenne si trasferisce con la madre e il nuovo compagno in America e il suo desiderio di piacere la spingono ancora di più a ridurre il cibo.
La ragazza si priva così di carboidrati e zuccheri, a cui ora è diventata persino intollerante essendosene privata per così a lungo. Nel 1994 vince il titolo di Miss Chicago per inseguire il sogno della moda vuole dimagrire ancora.
“L’anoressia vive nella testa. Quando diventa visibile nel corpo è già troppo tardi” ha dichiarato in seguito cercando di convincere con la sua testimonianza a non seguire il suo esempio.
“Questo non è un gioco o uno scherzo: è la vita. Voglio condividere la mia storia per avvertire chi soffre del mio stesso male e le loro famiglie, evitando così che si compia per altre il mio stesso destino. L’anoressia mi ha resa sola, non attraente e repellente per le persone attorno a me.”
Quanto male si riesce a sentire quando un figlio o una figlia rimangono coinvolti in una malattia o un incidente!
Quando a presentarsi è l’anoressia nervosa, si rimane sbigottiti perché fino a qualche minuto prima non si vedeva nulla, proprio come in un incidente improvviso ma non è un incidente, non è una cosa che succede in un attimo ma sta covando come un fuoco sotto la cenere chissà da quanto tempo.
I genitori si sentono traditi perché realizzano, in un attimo, che l’autonomia dei figli, è stata usata perché nascondessero qualcosa.
“Perché non ci aveva detto nulla?” … “E se fossimo proprio noi la fonte del disagio?”
Le interminabili domande di rimprovero che i genitori si pongono sono le stesse per tutti: “Dove abbiamo sbagliato?”
In realtà non c’è nessuno sbaglio perché i figli, ad un certo punto della loro crescita, si sganciano dall’affetto dei genitori, senza doverlo necessariamente rigettare. Semplicemente seguono la scia della loro vita, ritagliandosi degli angoli dove applicare i loro modelli di vita: la star del momento, i compagni con più appeal, professori molto più maturi ma pieni di fascino e così via.
Ma è proprio quando un modello non c’è, al contrario di quel che si pensa, che subentra il mal di vivere e il proprio modello diventa la tristezza, i propri silenzi accompagnati, a volte, da tristi e dolci melodie. Il colpevole di tutto il proprio malessere diventa il proprio corpo e deve essere controllato per non causare ulteriore dolore. Raggiungere la perfezione non vuol dire piacere o piacersi ma esserci.
Anche i maschi sono coinvolti, sebbene “solo” per un 10% del totale degli anoressici, in questa assurda malattia nervosa. Pur non essendo più disinibiti delle femmine, hanno un temperamento che li porta ad esplorare fuori di sé mentre quella piccola, delicata parte che non trova risposte, se non dentro la propria intimità, é a rischio di depressione e ansia, ovvero inappetenza o fame nervosa.
Alcuni entrano nelle maglie dell’anoressia quasi casualmente e vi rimangono imprigionati allo stesso modo dei soggetti femminili perché non è una questione di sesso ma di sensibilità.
Il fotografo polacco Andrzej Dragan è famoso per lavorare molto le fotografie in post produzione per farne dei veri ritratti ma afferma: “Una sola delle foto che ho fatto, per esempio, è assolutamente vera: è il ritratto di una ragazza anoressica, una modella di diciotto anni, molto bella e alta, ma estremamente magra. Non sono quasi intervenuto, in post produzione. Ho lasciato l’immagine così com’era. E questa è una delle foto cui le persone credono di meno!“
Non è facile pensare che siano immagini reali!
Corpi consunti come candele, fantocci che non lasciano spazio alla vita, immagini che possono urtare e dare fastidio e che svelano un mondo che cerca di difendersi aggredendo per primo se stesso. Un morbo che dilania l’anima e il corpo riducendo tutto a brandelli.