1. Cos’è l’aborto spontaneo?
Si tratta di una delle complicanze più frequenti legati alla gravidanza. Si calcola che circa un terzo delle gravidanze possa non terminare con un fiocco. Il periodo più a rischio è il primo trimestre in cui l’embrione si insedia nell’utero. Si parla di aborto ripetuto se si hanno due episodi (3% delle coppie) o di aborto ricorrente (1% circa delle coppie) se si tratta di 3 o più episodi.
2. Come avviene la diagnosi?
I criteri utilizzati sono questi:
– Non si visualizza l’embrione di diametro medio uguale o superiore ai 2 cm con ecografia trans vaginale o 2,5 cm con ecografia trans addominale.
– Non si visualizza l’attività cardiaca minima dettata dalle linee guida della Società Italiana di Ecografia Ostetrica e Ginecologica 2006.
In caso dubbio, si ripete l’esame ecografico dopo una settimana salvo diversa indicazione clinica, questo si può verificare abbastanza spesso soprattutto nelle primissime fasi della gestazione. Inoltre si richiede di eseguire prelievi di sangue per valutare la presenza e l’aumento dell’ormone della gravidanza, cioè il beta-HCG. Normalmente dovrebbe raddoppiare ogni 24-48 ore.
A volte il test di gravidanza è positivo ma non si vede ancora la camera gestazionale che si evidenzia verso la fine della quarta settimana circa. In altri casi più sfortunati può essersi già verificato l’aborto spontaneo che può essere completo o incompleto se si riscontra materiale residuo in utero.
In casi più rari si può trattare di una gravidanza extrauterina: l’embrione si è impiantato al di fuori dell’utero.
3. Come influenza la possibilità di rimanere incinta di nuovo?
Normalmente un aborto spontaneo non pregiudica in nessun modo la fertilità di una donna né è un segnale di ridotta capacità di poter avere un figlio e affrontare una gravidanza regolare.
E’ altrettanto vero però che bisogna valutare il quadro generale della donna, la sua storia clinica, l’anamnesi ginecologica, la storia riproduttiva familiare (soprattutto in linea materna). Il medico raccoglierà tutti i dati e deciderà se è il caso di fare accertamenti ulteriori.
Il discorso è diverso se l’aborto dovesse essere ripetuto o addirittura ricorrente.
4. Quali sono le cause dell’aborto spontaneo?
Ci possono essere anomalie cromosomiche alla base dell’aborto spontaneo e rappresentano circa il 50-70% dei casi, aumenta la percentuale con l’età materna.
Altre cause possono essere le alterazioni uterine che ne modificano la struttura come l’utero setto, alcuni tipi di miomi che rendono difficile l’impianto, oppure l’incontinenza cervicale che può portare anche ad aborti più tardivi.
Anche l’utero policistico è un fattore di rischio importante, come lo sono anche alcune patologie tiroidee o a carico del sangue o il diabete.
Cause con minore incidenza possono essere quelle legate a fattori immunologici o infettivi (toxoplasma, rosolia, citomegalovirus) oppure infezioni vaginali importanti e non trattate.
Teniamo però presente che, soprattutto nel caso di aborto spontaneo occasionale, non sempre si può risalire alla causa e spesso non è neppure importante farlo.
Negli aborti ricorrenti, l’individuazione della causa porterà invece al trattamento più efficace e consono, come trattamenti ormonali o cerchiaggi dell’utero.
5. Come si procede dopo un aborto spontaneo?
Normalmente si procede chirurgicamente con una tecnica chiamata “raschiamento” o “revisione”. La paziente viene sedata profondamente per una decina di minuti senza una vera e propria anestesia generale ma di fatto si dorme. Si dilata il canale cervicale e con una cannula si aspira all’interno dell’utero.
In alcuni casi, soprattutto di aborto incompleto, si preferisce attendere la spontanea evacuazione, aiutando la paziente con dei farmaci che fanno contrarre l’utero.
6. Differenza tra aborto spontaneo e morte intrauterina
La morte del feto è un evento che deve essere valutato con maggiore attenzione rispetto all’aborto spontaneo precoce, anche se si trattasse di un singolo episodio.
Oltre alle cause già menzionate per l’aborto nel primo trimestre vi possono essere ulteriori cause tra le quali: ipertensione, virus, parassiti, malattie emolitiche mamma-feto, problemi al cordone, malformazioni gravi o problemi alla placenta.
7. Cosa succede dopo?
Anche se normalmente, entro due settimane, si attiva fisiologicamente il parto, di solito si preferisce indurre il parto entro 48 ore dalla diagnosi per evitare qualsiasi tipo di problema per la madre.
Indipendentemente da ogni spiegazione scientifica, questo tipo di eventi segnano la madre e la coppia in modo indelebile. C’è bisogno di tutta la comprensione e la compassione possibili.
E’ bene proiettare la mamma in un futuro che potrebbe regalarle un’altra maternità ma senza banalizzare o sottovalutare ciò che per lei è stata una perdita profondissima e quanto mai irreparabile. Bisogna dare il giusto tempo per l’elaborazione di un vero lutto.
Nei casi più gravi si può chiedere l’aiuto o il sostegno di un terapista, anche di coppia,o di tutti i sussidi che possa fornire un consultorio familiare.
Fonte: AOU