Da sempre l’uomo e gli animali si rapportano l’uno all’altro, convivono e condividono degli spazi.
La relazione uomo – animale affonda le sue radici in secoli di convivenza. Questa convivenza è nata per motivi che non appartengono più alla nostra quotidianità, gli animali venivano, e vengono tutt’oggi in parte utilizzati per fini specifici e utilitaristici, in genere per aiutare l’uomo nei lavori più pesanti o comunque fuori della sua portata.
L’animale era “usato” dall’uomo, era strumentale al suo lavoro.
Tutti sappiamo che questi lavori oggi, almeno per i paesi industrializzati, sono svolti dalle macchine, e gli animali, in particolare quelli definiti ”da compagnia”, svolgono un ruolo ben diverso da quello che fu, da quello per cui l’uomo e l’animale cominciarono a relazionarsi.
Per fare un esempio è interessante sottolineare che il rapporto uomo-cane, si pensi, nacque a fini di reciproca convenienza, l’uomo usufruiva delle caratteristiche proprie del cane come ad esempio la capacità di seguire tracce, di raccogliere e raggruppare il gregge, di difendere il territorio in cui viveva insieme all’uomo, e il cane riusciva a guadagnare di che sostenersi, quindi riceveva dall’uomo il cibo necessario per il proprio sopravvivere. Di certo ad oggi non si può dire che le cose vadano come allora. Le relazioni sono cambiate, gli equilibri e i fini della relazione uomo-animale sono notevolmente evoluti.
Non v’è dubbio che oggi gli animali cosiddetti “da compagnia” stanno avendo un successo enorme tanto che alcune stime valutano che il 50% circa delle famiglie italiane accoglie un pet.
Il mio personale punto di vista è che questo può rappresentare un ottimo punto di partenza, il rapporto uomo animale permette di sondare relazioni che l’uomo non coltiva in maniera adeguata. Va da se che questi rapporti non sono scevri da problematiche e/o da rischi: l’esempio più classico è dato da una famiglia che è alla prima esperienza con un pet (cane, gatto, animale esotico o altro), o ancora l’introduzione di un animale in una casa in cui già ne è presente uno, per poi passare a problematiche più importanti presenti quando ci troviamo a gestire animali cosiddetti “pericolosi”.
In Vita da Mamma prenderò in considerazione le specie animali che più interessano il nostro quotidiano (cane, gatto, coniglio, animali esotici), senza tralasciare a richiesta argomentazioni in merito ad altre specie. Ognuna delle specie animali menzionate presenta caratteristiche proprie di specie, a caratteristiche etologiche, sanitarie, nutrizionali che possono essere comuni a quelle di altre specie, oppure essere semplicemente diverse, o addirittura contrapposte.
Mi piace esporre e ragionare per esempi: un cane che si sdraia a pancia all’aria e un gatto che si sdraia mostrando il ventre stanno comunicando cose esattamente opposte!
Il cane potrebbe trovarsi in una posizione di sottomissione rispetto ad un altro cane o all’uomo, il gatto che mostra il ventre può essere in una fase che precede l’attacco. Come si può ben capire ci troviamo in una situazione simile dal punto di vista figurativo ma che invece nasconde due finalità completamente opposte. Saperle riconoscere è importante.
La maggior parte delle problematiche riferite dal proprietario legate alla presenza di un pet in una casa comprende due sfere di pertinenza: quella igienico sanitaria e quella comportamentale.
In merito alla sfera sanitaria, spendo la maggior parte del mio tempo durante la mia attività lavorativa a far capire ai proprietari degli animali quali sono le reali pericolosità sanitarie ad avere un pet in casa. Le preoccupazioni maggiori sono legate al possibilità che l’animale possa trasmettere patologie a bambini piccoli presenti in casa. Nessuna preoccupazione è più giustificata: affermare che non vi siano pericoli sarebbe quanto mai azzardato, e non svolgerei correttamente il mio lavoro, eppure bisogna sfatare tanti miti in quanto molte delle convinzioni soprattutto sulla possibilità di contrarre patologie dai nostri pets è basata sul passaparola, e sulla inesatta conoscenza delle argomentazioni. Oggi c’è un grosso strumento che è Internet, anche io ne usufruisco tutti i giorni, più volte al giorno, eppure il consiglio è il seguente: di ogni informazione riportata sulla rete bisogna verificarne le fonti, le competenze e la ripetibilità dell’informazione, soprattutto su argomentazioni in campo medico. Sempre per ragionare per esempi, un altro mito da sfatare è che somministrare aglio ai nostri animali per “sverminarli” non ha alcuna fondazione scientifica, eppure in rete se ne leggono tante di informazioni del genere. In poche parole se voglio sapere cosa è meglio per il mio pet è necessario chiedere al medico veterinario.
L”altra sfera di pertinenza è quella comportamentale: il più delle volte la scarsa conoscenza del modo di comunicare dei nostri animali crea malintesi, dissapori per il padrone del pet, condizioni queste che predispongono il più delle volte all’abbandono o alla cessione dell’animale. Si sottovaluta spesso che come qualsiasi altro rapporto tra due persone, anche la comunicazione tra uomo e animale viaggia su canali ben precisi, dettata da segnali altrettanto precisi e che, in considerazione del fatto che i modi di comunicare sono differenti, bisogna prima saperli riconoscere e poi capirne i significati. Un po’ come andare a scuola di Inglese: se voglio andare a visitare l’Inghilterra difficilmente riuscirò a farmi capire da un inglese se non parlo la sua lingua.
Analizzando quindi in maniera specifica le caratteristiche e le esigenze dei nostri animali, approfondendo e sviscerando le problematiche relazionali tra specie complementari seppur differenti, l’obiettivo è quello di stabilire una corretta relazione tra l’uomo e l’animale.