La legislazione italiana non riconosce ai single la possibilità di adottare un bambino.
Questo assunto di legge è stato “messo in discussione” da una esortazione della Cassazione che, solo pochi giorni fa, ha riaperto il dibattito su questa spinosa materia.
In rete, come nei telegiornali e nei dibattiti televisivi si è presentata la sentenza della Cassazione come una “speranza” per le adozioni da parte di soggetti non coniugati e non conviventi, ovvero single ( sent.n°3572 , depositata il 14 febbraio 2011).
Esaminiamo il caso e ricerchiamo le ragioni della posizione assunta dalla Corte:
Una mamma single di Genova ha chiesto la convalida del decreto di adozione ottenuto negli USA dinnanzi al Tribunale della Columbia.
Nel 2009, con decreto della Corte di Appello di Genova, la donna aveva già ottenuto una trascrizione della adozione in formula “speciale”, così detta mite.
Quindi manteneva presso di sé la bambina, viveva con ella in rapporto di filiazione, ma legalmente il suo “ruolo di madre” presentava alcune limitazioni.
Ed in pratica agli occhi della legge italiana la potestà genitoriale della donna non risultava libera e piena, i “legami di sangue”, ovvero i rapporti della piccola con la famiglia d’origine, non completamente recisi, così che il limite tra affido ed adozione non poteva dirsi del tutto valicato.
Questa situazione legislativa o burocratica, che dir si voglia, non solo stride con il decreto made in USA, ma di fatto contrasta con il rapporto affettivo e sentimentale instaurato tra la donna e la bambina secondo i più logici, classici e corretti schemi filiali e genitoriali.
In altre parole le due vivono all’estero da madre e figlia e lì ottengono il riconoscimento legale di questo rapporto attraverso la Corte della Columbia, ma una volta rientrate in Italia la sentenza americana non è risultata pienamente convalidabile perché qui da noi l’adozione è preclusa al genitore solo.
Il problema non è di poco conto.
Malgrado il decreto della Corte di Appello di Genova del 2009, malgrado l’uso della formula mite, malgrado di fatto la convivenza familiare continuasse indisturbata, la donna genovese ha chiesto alla Cassazione di pronunciarsi, domandando nuovamente la convalida, in formula piena, della adozione americana.
La Cassazione è un organo giudiziario, come tale è sottoposto alla legge e non può assolutamente violarla. Non potendo andare contro la legge, la Corte non ha potuto riconoscere alla donna l’adozione piena, così detta legittimante. La legge italiana, vietando l’adozione ai single, impedisce di fatto anche la ratifica di atti provenienti da Tribunali extra nazionali che riconoscono il singolo come legittimo genitore adottante.
Tuttavia la Cassazione, come fece nel 2009 la Corte d’Appello di Genova, ha riconosciuto l’effettività e la validità del positivo rapporto genitoriale tra la donna e la bimba; per preservare il legame affettivo e nell’interesse supremo della minore il giudice italiano ha optato per l’adozione mite.
Ne hanno parlato tutti, ma in pochi hanno chiarito cosa sia. Se non spieghiamo la natura del provvedimento concesso alla donna genovese non possiamo neanche capire il senso profondo e vero del monito della Cassazione. Inoltre non chiarendo cosa rappresenti l’adozione mite rischiamo di credere che la Cassazione abbia concesso una vera e propria adozione alla donna di Genova, questo non è e non potrebbe essere stando il divieto della legge italiana alle adozioni monogenitoriali.
La cosiddetta “adozione mite” non è disciplinata dal nostro ordinamento, la legge italiana conosce solo l’adozione legittimante, nazionale o internazionale. Alla adozione si giunge a seguito di un lungo iter che si compie in un tempo variabile tra 1 e 3 anni, essa è considerata come una “nuova nascita per il bambino” che con l’ingresso nella famiglia adottiva diviene figlio legittimo dei genitori che lo accolgono e spezza ogni legame con la famiglia biologica.
La adozione mite è un “esperimento”, una prassi, di fatto nata ed applicata nel distretto del Tribunale per i Minorenni di Bari sotto forma di sperimentazione.
Cosa vorrebbe realizzare questa prassi?
L’adozione mite vorrebbe favorire tutti quei bambini e ragazzi, minori, che di fatto versano in condizioni di abbandonato e sono impossibilitati a rientrare nella famiglia d’origine, ma si trovano, oltre il tempo massimo previsto dalla legge, in affidamento familiare, non potendo, tuttavia, ancora essere adottati.
In altre parole questi minori sono soli, non hanno una famiglia biologica pronta ad accoglierli, l’affido familiare ha fatto il suo corso ma non sono maturi i tempi per l’adozione.
L’adozione mite è nata per fronteggiare queste situazioni estreme e di chiara emergenza.
In pratica, malgrado i tempi dell’affido fossero scaduti, non potendo dare in adozione il minore e nemmeno potendo reinserirlo nella famiglia d’origine, il giudice ha ideato la prassi della adozione mite. Essa valuta che tra il minore e gli affidatari si è instaurato un rapporto affettivo di carattere filiale, essi vivono come una famiglia e se al minore non può essere restituita la serenità di un nucleo familiare originario allora perché sottrarlo agli affidatari? Solo per un termine burocratico? Il giudice ha valutato che in tali casi l’allontanamento possa essere pregiudizievole per il minore e per evitare qualunque danno o trauma al bambino ha pensato di dichiararne giudizialmente lo stato di semiabbandono permanente e lasciarlo alle cure della famiglia affiodataria in “stato di adozione mite“.
Questa situazione non interrompe il rapporto di filiazione tra minore e genitore di origine, ma ne aggiunge un secondo, quello con gli adottanti, ad essi spetta naturalmente anche la potestà genitoriale ma in forma limitata, per certi atti è necessario l‘intervento e la supervisione del Tribunale per i Minorenni.
Da un punto di vista giuridico l’adozione cd. mite può rappresentare una variante dell’adozione così detta <<in casi particolari>>, ovvero quelle adozioni “fuori dai rigori legislativi” volte a preservare i legami affettivi preesistenti tra l’adottato e l’adottante. In questo senso << l’adozione in casi particolari>> può essere ammessa anche per i single.
Dunque la Cassazione nel caso genovese altro non ha fatto che rilevare:
– il sano e proficuo rapporto di carattere familiare creatosi tra la donna e sua figlia;
– l’impossibilità di ricollocare la piccola presso la famiglia originaria;
– la veridicità di una sentenza extra nazionale che riconosce una realtà familiare.
In ragione di ciò ha affidato senza limiti di tempo la bimba alla donna usando un provvedimento sperimentale: l’adozione mite, che alto non è che un affido senza termine, sine die.
A questa decisione la Cassazione ha aggiunto una considerazione socio-giuridica:
<< il legislatore nazionale ben potrebbe provvedere, nel concorso di particolari circostanze, ad un ampliamento dell’ambito di ammissibilità della adozione di minore da parte di una singola persona anche con gli effetti della adozione legittimante>>
In realtà la Convenzione di Strasburgo del 1967 che contiene le linee guida in materia di adozione non preclude in alcun modo ai single la possibilità di accudire un bimbo e di fare famiglia. Semplicemente l’Italia ha assunto la bigenitorialità come presupposto della adozione, anzi ha determinato che essa possa essere ammessa solo a fronte di una certa stabilità familiare. Nel nostro paese non solo non possono adottare i single ma non possono accedere alla adozione le coppie di fatto, infatti in Italia per proporre richiesta di adozione occorre essere sposati da 3 anni o da meno di tre anni purchè si dimostri di avere convissuto in modo stabile e continuato per almeno 3 anni prima del matrimonio.
Questa fu una scelta socio culturale, il nostro è stato innegabilmente un paese tradizionalista ove il matrimonio era riconosciuto come il solo canale di costruzione d’una realtà familiare.
Oggi è cambiato il volto e l’assetto della famiglia, è cambiata la struttura sociale ed il riconoscimento dei nuclei familiari si è esteso a realtà trascurate, negate ed offese sino a pochi anni fa. Oggi è legittimamente riconosciuta dalla società la famiglia di fatto, quella monogenitoriale e quella allargata, la Cassazione ha espresso il suo monito consapevole delle mutate convinzioni sociali.
Dunque è auspicabile una revisione legislativa dei presupposti della adozioni; permettetemi di sperare in una positiva modifica anche dei modi, dei tempi e dei costi di questi processi, perchè, intanto, l’adozione dovrebbe essere un diritto riconosciuto a tutti, bambini e genitori, scevro da gravi carichi economici.
Inoltre andrebbe legittimato e curato con legge anche il fenomeno delle adozioni miti, che come abbiamo chiarito è una “empirica invenzione giudiziale” volta a “salvare” il minore da ulteriori traumi e preservare una famiglia di fatto creatasi.
Insomma nei luoghi della politica dovrebbero accendersi gli interessi sul bene dei bambini e delle famiglie che desiderano amarli.