“Le sostanze chimiche sono presenti nella nostra vita quotidiana. Prodotti quali dentifricio, tappeti, elettronica o imballaggi per alimenti, possono essere fonti di sostanze chimiche alle quali le persone sono esposte. Misurare questa esposizione è diventato, nel tempo, possibile, perché i campioni di sangue o di urina possono essere analizzati per le sostanze note”.
Quanto appena riportato è parte di uno scritto della dottoressa Jane Muncke, della Food Packaging Forum Foundation di Zurigo (Svizzera), uno stralcio dell’articolo sul bio-monitoraggio pubblicato sul portale dell’organizzazione stessa.
Divulgatrice di dati relativi alla ricerca scientifica, la Food Packaging Forum Foundation si impegna a rendere noti le informazioni raccolte circa gli imballaggi alimentari e i loro eventuali rischi per la salute umana.
Secondo l’ultimo rapporto Nazionale sulla esposizione umana alle sostanze chimiche ambientali, datato settembre 2013, riportato sul portale del CDC, Centers for Disease Control and Prevention, importante organismo di controllo sulla sanità pubblica degli (USA), il numero delle sostanze chimiche attualmente riscontrate è pari a 250. (Clicca qui per leggere il rapporto completo in formato pdf).
Nonostante il sopra citato articolo faccia riferimento ad una pubblicazione dell’ottobre 2012, l’organizzazione non ha cessato il bio-monitoraggio, diffondendo gli ultimi dati raccolti, nonché la crescente preoccupazione per una possibile contaminazione da parte dell’uomo, in una recente pubblicazione, datata 19 febbraio 2014, sulla rivista “Journal of Epidemiology e Community Health”, appartenente al gruppo del più autorevole British Medical Journal.
Come riportato anche dal quotidiano britannico “The Guardian”, l’equipe, formata dalla dottoressa Muncke e altri tossicologi ambientali, sostiene che piccole quantità di sostanze chimiche sintetiche possano penetrare nel cibo.
La “contaminazione” dell’uomo non è considerata nociva se la quantità assunta risulta minima; il rischio può divenire invece concreto nel momento in cui l’esposizione a tali sostanze, come la formaldeide, si protrae nel lungo termine attraverso il consumo di alimenti confezionati.
Al momento però i ricercatori non possono far altro che avanzare ipotesi basandosi su alcuni dati ottenuti, dati non considerati completi.
Essendo i prodotti alimentari confezionati reperibili ovunque, risulta infatti difficile monitorare e comparare i dati ottenuti da due diversi campioni, gruppi di persone che si dividono in coloro che sono esposti agli alimentati confezionati e in quelli non esposti.
Quest’ultima categoria, le persone non esposte, come è facile intuire, risultano alquanto rare.
Nonostante il riscontro delle difficoltà appena elencate, i ricercatori affermano che, data l’attuale situazione, urge una seria valutazione in merito, così da stabilire o meno con certezza un eventuale collegamento tra le sostanze chimiche presenti negli imballaggi, un loro possibile contatto con gli alimenti stessi e le condizioni croniche quali cancro, diabete, obesità e disturbi neurologici e infiammatori.
“Dal momento che la maggior parte dei cibi sono confezionati – si legge sul Guardian – e l’intera popolazione può essere esposta, è della massima importanza che tali lacune vengono colmate in modo affidabile e rapido”.
Ma quali sono le sostanze chimiche utilizzate per creare gli imballaggi che sono quasi perennemente a contatto con il cibo?
I FMC, Food Contacr Materials, ossia i materiali a contatto con il cibo, sono prevalentemente fatti di plastica o altro materiale sintetico.
Tra le sostanze chimiche in essi contenute ci possono essere:
- Formaldeide: è un composto organico molto volatile, indicato dall’Airc (Associazione internazionale per la ricerca sul cancro) come altamente cancerogeno. Tale sostanza è contenuta, seppur in basse dosi, nelle bottiglie di plastica utilizzate per le bibite gassate, nel parquet, nei prodotti per capelli, deodoranti per ambienti, vernici, colle, etc.
- Ftalati, sono prodotti chimici che vengono aggiunti alle materie plastiche per migliorarne la flessibilità. Considerati sostanze tossiche per la riproduzione, il loro uso è stato soggetto di importati restrizioni europee. Possono infatti essere utilizzati solo in concentrazioni che non superino lo 0,1%,, non possono essere utilizzati nei giocattoli o nei prodotti destinati all’infanzia. Sono attualmente presenti nelle pellicole per avvolgere gli alimenti, nei prodotti chimici per la casa e nei cosmetici;
- Bisfenolo A: composto organico utilizzato nella sintesi di plastiche e additivi plastici, è considerato responsabile della compromissione dello sviluppo neurale, dell’alterazione dello sviluppo sessuale del feto e della riduzione della fertilità nell’uomo. Inizialmente utilizzato nella realizzazione dei biberon, poi eliminato, è oggi usato per il rivestimento di lattine e scatolette.
- Melammina: è un composto utilizzato per la realizzazione di resine melamminiche, ossia resine sintetiche termoindurenti. Viene impiegato per la produzione di piatti e stoviglie varie che non dovrebbero MAI essere utilizzate per contenere cibi eccessivamente caldi (superiori ai 70°) o acidi. L’eccessivo calore infatti contribuisce al rilascio di formaldeide e melammina favorendone il contatto con il cibo;
- Triclosan: derivato del fenolo, la sua struttura chimica è molto simile alla diossina, motivo per cui si ritiene sia potenzialmente tossico. Antibatterico molto apprezzato ed utilizzato, soprattutto nella composizione di prodotti per la pulizia quali detersivi per piatti, cosmetici, dentifricio, spazzolini da denti, etc., è stato “accusato” da alcuni studiosi di essere potenzialmente rischioso per la salute dell’uomo in quanto potrebbe causare allergie, irritazione della pelle, anomalie alla nascita o del sistema endocrino, etc.