Una volta era la normalità: come normale è l’atto di partorire, normale era partorire a casa, nell’intimità familiare, aiutate magari da chi aveva esperienza o dalle levatrici o mammane che dir si voglia.
Molti potranno giustamente obiettare che, davanti ad alcune difficoltà, il parto diventava rischioso e anche mortale per mamma e figlio; proprio per questo si è via, via provveduto alla medicalizzazione del parto.
Sta di fatto che il parto non è una fase di una malattia che si chiama gravidanza e questo ormai è stato ben assodato, di conseguenza, con l’esperienza fatta, la via di mezzo risulterebbe sempre la migliore e si potrebbe procedere a considerare nuovamente il parto come un evento naturale e fisiologico, che deve essere flessibile alle esigenze della futura mamma.
Sicuramente la mamma sarà senz’altro a proprio agio molto più nel suo ambiente famigliare, tra le mura domestiche, che non in una sala fredda e asettica parto. Potrà meglio adeguare il travaglio alle sue abitudini, sentirsi più padrona di muoversi, circondata da chi vuole, assecondare il proprio istinto e i propri tempi.
Tutte le mamme che hanno provato l’esperienza del parto sanno quanto tutto ciò sia essenziale e possa fare la differenza tra una bella esperienza e un’esperienza che solo la felicità di abbracciare il proprio bambino fa superare e dimenticare.
Del resto, tutta l’assistenza sanitaria potrebbe essere garantita qualora si presentino difficoltà o si sappia a priori che il parto dovrà essere seguito in ospedale.
Tutto sembra magicamente normale e naturale ma ci si scontra con la burocrazia che, a conti fatti, determina lo standard del parto in ospedale e se ci si vuole avvalere del parto a casa questo non è sempre tutelato e ci si deve far carico di ogni spesa e responsabilità.
Per andare incontro a questa esigenza legittima, le ostetriche del ”Cerchio di Maia”, stanno portando avanti una petizione affinché in Lombardia la donna sia libera di scegliere dove partorire e le modalità con cui l’evento più bello della loro vita debba svolgersi.
“Bisogna garantire la libertà di scelta alla donna circa i luoghi ove partorire e circa le modalità con cui tale evento debba svolgersi perché la maternità possa essere vissuta come fatto naturale” così recita l’articolo 1 della legge regionale n.16 del 1987 della Lombardia, tuttavia ancora oggi le donne che vogliono avvalersi di questo “diritto” devono sobbarcarsi ogni spesa e non tutte se lo possono permettere.
Diversamente, in altre regioni come Piemonte, Emilia Romagna, Marche e Lazio e nelle provincie di Trento e Bolzano, il parto a domicilio viene rimborsato.
Insieme alle ostetriche di questa associazione, anche altre si stanno muovendo per abbattere questa antipatica discriminazione che vìola anche la convenzione europea dei Diritti Umani che sancisce la possibilità di scegliere dove, come e con chi partorire a prescindere dalle proprie possibilità economiche o altro.
Nella pagina relativa alla petizione si legge a chiare lettere:
“Nello stato europeo dove più frequentemente si ricorre al taglio cesareo e dove il fenomeno della medicina preventiva nell’assistenza alla persona sta assumendo dimensioni allarmanti senza generare benefici in termini di benessere di madre e figlio, sentiamo l’urgente bisogno di riportare al centro la naturalità della nascita e il diritto della donna di autodeterminarsi facendo scelte informate.
In gravidanze a basso rischio, partorire a casa o in casa maternità con un’assistenza ostetrica, garantisce gli stessi livelli di sicurezza dell’ospedale, pertanto ti chiediamo di firmare e di condividere questo appello.”
E’ sempre più frequente vedere mamme dimesse il giorno dopo il parto e dunque sarebbe intelligente investire i soldi di degenza e di sala parto nell’assistenza del parto stesso a domicilio.