“Non avevano nulla da fare”.
Si potrebbero riassumere così le motivazioni che hanno spinto i giudici ad emettere una sentenza di colpevolezza nei confronti di Amanda Knox e Raffaele Sollecito.
A dichiararlo è Alessandro Nencini, presidente della Corte d’assise d’appello di Firenze, intervistato dall’inviata del Messaggero Cristiana Mangani.
Ieri mattina, ossia il giorno successivo la sentenza dell’appello bis, Nencini è stato raggiunto dalla giornalista nel proprio ufficio all’interno del palazzo di giustizia.
“Arrivare alla decisione è stato pesante, ma una volta che il verdetto è stato emesso ci si sente sgravati”.
Una decisione non facile dunque che ha richiesto ben 12 ore di camera di consiglio.
“Era il tempo necessario, c’era la necessità che i giudici popolari prendessero cognizione degli atti. I documenti di questo processo occupano mezza stanza. Si avvertivano due cose: la gravità della situazione. E poi, devo essere onesto, la sovraesposizione mediatica di questo caso, che non ha giovato. I giurati tornavano a casa e venivano bombardati da informazioni. E quando ci vedevamo, volevano sapere: <presidente, ma in tivù dicevano in un altro modo. Come è andata veramente?> Allora la mia logica è stata: prendiamoci il tempo che serve, dobbiamo uscire con la coscienza pulita. Così è stato”.
Ma qual è il movente?
Perché i due giovani avrebbero ucciso la studentessa Meredith Kercher la notte del 1° novembre del 2007?
Nel corso degli anni le motivazioni date dai giudici sono state alquanto differenti. In un primo momento, durante il processo tenutosi a Perugia, si ipotizzò un gioco erotico finito male per poi procedere su una linea ben diversa, vecchi rancori persistenti tra Amanda e Metz.
Al momento la Corte ha preso 90 giorni prima di rendere pubbliche le motivazioni, tuttavia il presidente ne ha fornito “un’anticipazione” durante l’intervista al Messaggero.
“Il movente è un problema che la sentenza affronterà. A livello generale, quando un fatto di sangue nasce all’interno di un’organizzazione criminale, è facile. Qui è nato e maturato in una serata tra ragazzi. Non c’è un movente prevalente che si possa desumere da un contesto. Fino alle 8 e un quarto della sera del primo novembre, Amanda doveva andare a lavorare al pub di Lumumba, e Raffaele doveva andare alla stazione a prendere la valigia di un’amica. Poi la situazione è cambiata. L’episodio nasce in una sera in cui nessuno aveva più da fare”.
Meredith uccisa per noia o per pura casualità?
“Non vorrei banalizzarlo con l’idea della casualità – ha risposto Nencini – ma se Amanda fosse andata a lavorare, probabilmente l’omicidio non sarebbe mai successo. Non si sarebbe creata questa occasione, e oggi non saremmo qui a discuterne. Cercare moventi può essere interessante, e negli atti vengono fornite diverse indicazioni. Sono consapevole che sarà la parte più discutibile delle motivazioni”.
Intanto, dall’altra parte dell’oceano, Amanda, durante un’intervista esclusiva rilasciata alla ABC, ospite nella trasmissione “Good Morning America”, fa sapere che non ha nessuna intenzione di ritornare in Italia spontaneamente e che lotterà con tutte le sue forze fino alla fine pur di non far ritorno nel nostro Paese.