Mutilazioni genitali femminili, anche note con l’acronimo di MGF, cosa sono? In una massima sintesi che renda palese a tutti l’atrocità del fenomeno, possiamo definire la mutilazione genitale femminile come la circoncisione delle bambine.
Di fatto, si tratta di una procedura chirurgica di asportazione, parziale o totale, degli organi genitali femminili esterni, ovvero il clitoride e le labbra della vulva. Anche se messa in atto in ambiente non medico, non da personale sanitario e persino in condizione igieniche di rischio e con strumenti di fortuna, l’MGF è una pratica medico-chirurgica.
Diventa violenza e mutilazione sia per la mancanza di una giustificazione clinica (non c’è nessuna ragione di salute a monte dell’asportazione), sia perché viene compiuta in condizioni atroci, con strumenti inadeguati e pesino senza terapia di supporto o anestesia.
A cosa serve la mutilazione genitale femminile?
Le ragioni non sono di natura medica ma culturale: questa pratica svilisce la donna e la maternità riducendo il sesso ad atto procreativo. Mentre al maschio è garantito il piacere, il corpo della donna è violato nella sua natura. Con l’MGF l’accesso al canale vaginale viene mercificato come un oggetto la cui proprietà è consegnata all’uomo ed è spogliata di ogni piacere, emozione e valore emotivo.
Questa pratica truce appartiene profondamente alla cultura africana, l’OMS ne stima la diffusione capillare: in quella terra, ogni anno più di 3 milioni di bambine sono sottoposte a mutilazioni genitali. A meno che non si riesca a sensibilizzare la popolazione sul tema, in futuro queste cifre aumenteranno proporzionalmente alla crescita della popolazione dell’Africa.
Amref Health Africa pubblica le previsioni nel lungo periodo: “si stima che saranno ben 68 milioni le bambine che subiranno una forma di mutilazione genitale entro la fine del 2030”.
La violenza delle mutilazioni genitali femminili: l’infibulazione
Dalla prospettiva dell’osservatore esterno alla cultura praticante, per lungo tempo l’infibulazione e le altre mutilazioni sono state vissute e considerate come un fatto privato, un segreto, un marchio culturale che per sua natura resta taciuto e nascosto al mondo. Nessuno ne è testimone se non chi le pratica, la donna che ne è vittima, sua madre e l’uomo a cui è data in sposa.
La rinnovata sensibilità verso la donna e il suo diritto alla disposizione libera del corpo e della sessualità, fortunatamente, non ammettono che si faccia ancora silenzio dinnanzi a cotanta violenza.
Nella prospettiva dei soggetti coinvolti, ovvero in alcune zone dell’Africa, le mutilazioni genitali femminili sono, invece, dei riti di transizione e anche degli eventi pubblici: un rituale di passaggio all’età adulta a cui assiste la folla che si raduna, ascoltando le urla della donna, spesso della bambina.
Come avviene la mutilazione genitale femminile
Il termine “infibulazione” deriva dal latino fibula, la spilla usata per tenere fermo il mantello, ma in questo caso si tratta di una cucitura a carne viva che interviene dopo una mutilazione, ovvero una asportazione. Nello specifico, l’asportanzione interessa un importante area del piacere responsabile degli orgasmi esterni da stimolazione: il clitoride, le piccole labbra, parte delle grandi labbra vaginali.
All’asportazione fa seguito la cucitura della vulva. Viene lasciato spazio solo per la fuoriuscita dell’urina del sangue mestruale.
Cucire perché nulla sia violato: l’infibulazione servirebbe per tutelare la verginità ed è questa la trappola culturale che impone la ferita squarciata sul corpo femminile. Così, secondo la macabra credenza, più i buchi liberi sono piccoli, maggiore è la purezza della donna.
Una volta celebrato il matrimonio, è il marito che con il coltello taglia la cicatrice, apre la fibula, per poter penetrare la donna. In questo modo, prima del primo atto sessuale, la donna ha già associato, per ben due volte, il sesso alla violenza e nulla potrà avere a che fare con il piacere e forse nemmeno con l’amore.
Una donna che subisce questo trattamento non potrà mai provare piacere ed è marchiata per sempre come una merce.
A che età le bambine vengono infibulate
L’età dell’infibulazione varia a seconda della tradizione locale. Ciò che ferisce e disturba è che non si tratta solo di un’usanza di sperduti villaggi ma resta, a tutt’oggi, una pratica effettuata in almeno 40 paesi al mondo, tra cui grandi metropoli.
Queste mutilazioni vengono appoggiate da alcune culture religiose, prevalentemente islamiche, ma si praticano anche in società di religione politeista e cristiana (copta, cristiana ortodossa, protestante, giudaica), pur essendo pubblicamente condannate ufficialmente continuano a imprimere ferite fisiche ed emotive nelle giovani generazioni. Qui si tratta di negare spazio alla sessualità intesa come campo di esperienza, gioia e vita della donna.
Strumenti (non)chirurgici, personale non medico o paramedico e ambienti non idonei: i rischi
Molto spesso gli strumenti utilizzati non sono neppure sterilizzati causando infezioni, malattie e morte nel 10% dei casi (questa la stima nella sola Somalia). Chi pratica l’MGF non è nè medico nè paramedico. A volte l’asportazione viene praticata con un semplice coccio di vetro, lamette di improvvisazione, cocci, pietre, lattine e i metodi di sutura spesso sono altrettanto rimediati, per esempio spine o stecche di legno.
Conseguenze delle mutilazioni genitali femminili
Le MGF danno luogo a sofferenze fisiche e psicologiche orribili, imprimono una cicatrice indelebile nel corpo e nell’anima.
Nell’immediato le conseguenze sono determinate, in alcuni casi, dalle scarse condizioni igieniche in cui viene operata la giovane donna, ricordiamo ancora una volta che, in quanto rito di passaggio all’età adulta, l’infibulazione interessa donne-bambine.
L’assenza di anestesia, di terapie pre e post operatorie, persino della sterilizzazione degli strumenti chirurgici e pseudo-chirurgici, le pratiche eseguite con strumenti impropri sono tutte aggravanti, facilitano complicanze e infezioni. La morte non è una conseguenza improbabile delle mutilazioni così gestite.
Dal punto di vista emotivo la violazione del corpo immaturo delle donne infibulate è profonda: shock , cheloidi, stenosi, cisti e difficoltà ad urinare, nonché dismenorrea sono alcune delle conseguenze note e più comuni.
L’OMS, le Nazioni Uniti e i governi nazionali da decenni sono impegnati a svolgere una campagna di informazione e sensibilizzazione che manifesti al mondo il volto disumano di questa pratica e lo sveli alle famiglie, alle donne, agli uomini e alle culture che ancora ne sono pervasi e assertori.
6 febbraio: Giornata Internazionale contro le Mutilazioni Genitali Femminili
In alcuni casi le bambine che sono “sfuggite” al rituale da piccole vengono mutilate prima possibile nell’adolescenza, clandestinamente, anche nel paese di accoglienza. Le mamme stesse vivono a volte un senso di vergogna e disagio perché le loro figlie non rispettano la tradizione. È proprio nell’animo di queste donne che bisogna fare breccia per disvelare la vera natura di questa pratica aberrante.
I tradizionalisti si difendono dicendo che questa consuetudine mantiene la donna pura, pulita. E’ vero, invece, esattamente il contrario! Psicologicamente la donna subisce una violenza inaudita: fisicamente si ha difficoltà ad urinare, spesso ci vogliono anche venti minuti perché la vescica si svuoti, goccia dopo goccia.
Inoltre le mestruazioni sono dolorosissime, senza considerare che il deflusso del sangue mestruale può subire una seria limitazione potendo essere ritenuto nell’utero con conseguenti accumuli forieri di infezioni. Il piacere resta, poi, sconosciuto!
Mutilazioni genitali femminili, conseguenze sul parto
Se i punti dati all’organo genitale non vengono adeguatamente aperti prima, partorire diventa un’esperienza quasi insostenibile.
Mutilazioni genitali femminili la legge
A far data dal 2006, la legge italiana vieta la pratica delle MGF rubricandole come un reato penale in violazione dei “diritti fondamentali all’integrità della persona e alla salute delle donne e delle bambine”. Esiste un numero verde a cui le donne bisognose di aiuto possono fare appello: 800 300 558 – numero verde contro la pratica delle mutilazioni genitali femminili in Italia
Nel 2012, è stata approvata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite la risoluzione sulla messa al bando universale delle mutilazioni genitali femminili e in Europa; il Consiglio d’Europa ha assimilato le MGF alle pratiche di tortura.
In tutto il mondo, grazie all’impegno di organizzazioni internazionali, governi e organizzazioni della società civile, si registra un progresso verso l’abbandono della pratica che continua però ad essere attuata anche da molti immigrati e persino fuori dal loro luogo di origine.
Sono in molti a chiedere che vi siano sanzioni effettive per i trasgressori che con più fermezza possano rappresentare un vero deterrente.
Le donne del Corno d’Africa hanno un proverbio: “I tre giorni più brutti della vita sono quelli della mutilazione, del matrimonio e del parto”.
E’ un dramma silenzioso che spesso molti non conoscono, facciamo il possibile per fermarlo, diffondiamo l’informazione sulle MGF perché tutti possano dire NO a questo orrore.