Anche per chi non si intende molto di politica e di affari pubblici ed economici è molto chiara la differenza che c’è tra la sanità pubblica italiana e la possibilità di curarsi negli Stati Uniti.
Anche nei film, che spesso dipingono una realtà anche edulcorata, viene ben evidenziato come negli States le cure siano state sempre garantite solo a chi possieda una polizza assicurativa. Per tutti gli altri, pronto soccorso a parte, le cure sono costose e spesso insostenibili.
Siamo abituati a lamentarci, e spesso a ragion veduta, ma certo è che se ci soffermiamo a vedere altre situazioni noi non possiamo che migliorare.
Obama ha improntato anche la sua rielezione sulla riforma sanitaria secondo la quale si dovrebbe onorare il principio fondamentale per cui quando si tratta di salute ciascun cittadino ha diritto a delle garanzie.
“La sanità è un diritto inalienabile di tutti, senza distinzioni di reddito” è proprio il principio su cui si fonda il Patient Protection and Affordable Care Act (ACA – Legge per la protezione del paziente e le cure appropriate e convenienti) emesso il 1° ottobre 2013, che rivoluziona l’accesso alle cure mediche per i cittadini americani.
L’aspra battaglia politica e giudiziaria vinta da Obama, contro le lobby delle assicurazioni e l’opposizione repubblicana, ha dato vita alla cosiddetta Obamacare, una legge che prevede il diritto e il dovere (pena sanzioni) per le quasi 48 milioni di persone non assicurate, di stipulare una polizza con prestazioni minime garantite, tra cui le cure per i figli fino a 26 anni.
Una copertura sanitaria non realmente pubblica ma universalmente accessibile grazie a una piazza virtuale – il sito healthcare.gov – in cui contrattare sul libero mercato la propria assicurazione al prezzo più vantaggioso, senza più discriminazioni per chi soffre di patologie pregresse.
Sembra tutto bellissimo, appunto “sembra”, eppure le zone d’ombra sono ancora molte e tra tutte emerge la voce di questa mamma dell’Alabama, Karry Kinder, che ha deciso di scrivere e diffondere questa lettera scritta all’amministrazione pubblica e per conoscenza a tutti i cittadini americani.
Karry ha deciso di scrivere spinta dal desiderio di far conoscere la sua situazione, simile a quella di moltissimi altri cittadini, e se sulla carta sembra tutto funzionare, al lato pratico sono allo sbando milioni di cittadini, tra cui, soprattutto, proprio quelli più indifesi. Il carico della presunta copertura sanitaria per tutti grava indistintamente sulle famiglie di ceto medio, raddoppiandone il peso economico:
“La nostra avventura inizia nell’ottobre 2013 quando abbiamo iniziato le procedure per adeguarci all’Affordable Care Act (ACA). Siamo una famiglia di 4 persone, due bambini di 7 e 3 anni, sia io che mio marito abbiamo un lavoro a tempo pieno e fisso da diversi anni.
Siamo una famiglia media con un reddito medio, possediamo una casa di tre locali più servizi, due macchine e abbiamo sempre pagato l’assicurazione che potesse garantire a tutti noi la giusta copertura sanitaria. Fino ad allora avevamo pattuito un premio di 380 dollari mensili che includevano anche le visite dentistiche.
A seguito della legge ACA, abbiamo ricevuto una lettera dall’assicurazione che ci avvertiva di aver adeguato il premio mensile a ben 753,26 dollari al mese più altre tasse e altri soldi se desideravamo continuare ad usufruire della copertura odontoiatrica.
Avremmo dovuto pagare come un secondo mutuo mensile per poterci garantire un aiuto sanitario in caso di necessità! Come avremmo potuto sostenere una spesa simile? Come potrebbe qualsiasi famiglia media americana? Avevamo dei risparmi da parte per gli studi dei figli, la nostra vecchiaia, ma sarebbero presto finiti anche quelli!
Senza contare che mio figlio ha un ADHD, un deficit dell’attenzione per cui deve vedere un terapista mensilmente e prendere alcune medicine che sarebbero rimaste, in gran parte, a nostro carico.”
Karry cerca una soluzione nel sito approntato dal governo, altre offerte assicurative e la possibilità di qualificarsi per ricevere il sussidio che avrebbe garantito la copertura del premio assicurativo.
Nel frattempo viene a conoscenza di altre storie simili e altrettanto preoccupanti da parte di molte famiglie che si radunano anche in una pagina Facebook.
Il Governo chiede di aver pazienza perché sta approntando delle migliorie al sito per valutare tutti i casi nella loro singolarità.
Karry spiega poi come ha proseguito:
“Il 6 dicembre 2013 sono andata nel sito e ho compilato la nostra richiesta di copertura pubblica. Il processo è stato complicatissimo e ha richiesto più di due ore per la stesura totale.
Una volta che sono stati completati i risultati, con mio immenso stupore, ho scoperto che io, mio marito, mio figlio di tre anni ci eravamo qualificati per il sussidio mentre mio figlio di sette no! Come era possibile?”
Karry cerca di contattare telefonicamente, ed in ogni modo, un responsabile. Dopo diversi “scaricabarile”, incomprensioni, attese interminabili, appuntamenti mancati, connessioni telefoniche improvvisamente ed inspiegabilmente interrotte, riesce ad ottenere una risposta:
”Mi dispiace signora l’unica cosa che può fare è ricorrere in appello e aspettare 90 giorni…”
Karry e molte altre persone nella sua situazione rimangono esterrefatte da questo trattamento e da questa rivoluzione sanitaria che ha ben poco di appropriato e conveniente al contrario del nome che porta.
La famiglia di Karry rappresenta una “falla, un’anomalia” nel sistema, le è stato detto… eppure a quanto pare ve ne sono moltissime…
Questo è uno dei casi in cui non conforta per nulla il vecchio adagio: “Mal comune, mezzo gaudio”