Davvero una continua lotta quella di una giovane ragazza di 22 anni originaria di Rochester, nel Kent. Purtroppo è affetta da una forma grave di ME (encefalomielite mialgica) che l’ha costretta a letto per ben sette anni, la maggior parte dei quali spesi in ospedale, dove era nutrita con un sondino, non poteva muovere nulla se non la testa per brevi tratti e aveva dolori così forti da non riconoscere neppure i suoi familiari.
Jessica Taylor era una giocatrice di netball, un gioco simile al basket ma ora dice:
“La mia vita è in una stanza, la ME mi ha fatto perdere tutto. E’ una sfida che ho la speranza di vincere, sento che starò meglio. Posso migliorare.” Jessica ha uno spirito ottimista, malgrado tutto.
L’encefalomielite mialgica o sindrome da fatica cronica è una malattia fortemente debilitante che causa una condizione cronica caratterizzata da stanchezza persistente che non migliora ne’ con sonno ne’ con riposo o altro.
Non è noto da cosa sia provocata ma potrebbe essere collegata ad un’infezione virale o un problema al sistema immunitario, uno squilibrio ormonale o un problema psicologico, per altri si potrebbe ricondurre anche ad un’intossicazione chimica.
Non esiste una cura ma le opzioni di trattamento comprendono la terapia cognitivo-comportamentale e farmaci per controllare il dolore e i problemi di sonno (fonte Wikipedia).
Jessica ha iniziato a stare male quando aveva 14 anni. Dopo una brutta influenza, non riesce più a riprendersi e nel giro di 9 mesi è costretta a vivere a letto:
“Amavo la vita e volevo uscire ma non potevo. Ho cercato di non pensare di essere malata, di farmi forza ma semplicemente non riuscivo a stare in piedi.”
Jessica era una ragazzina piena di risorse, sempre in movimento. Inizialmente i dottori pensavano che soffrisse di mononucleosi ma le sue condizioni degenerano così velocemente e gravemente che vengono fatte indagini più approfondite e diagnosticata la malattia. In pochi mesi è costretta ad utilizzare una sedia a rotelle o a rimanere a letto.
All’età di quindici anni è costretta a ritirarsi da scuola e nel 2006 entra in ospedale.
Per molti mesi non è stata in grado ne’ di parlare ne’ di capire ciò che succedeva intorno a lei. Era così sensibile alla luce che doveva indossare degli occhiali da sole costantemente, e anche i rumori più lievi le provocavano dei dolori lancinanti tanto da portare sempre dei tappi che la proteggessero.
Alla fine le lunghe cure le hanno almeno permesso di poter tornare a casa.
La lunga degenza e l’allettamento di Jessica hanno causato un indebolimento così forte delle sue ossa, una così grave osteoporosi, che ora il suo scheletro è paragonabile a quello di una centenaria, con tutte le problematiche connesse.
La ragazza deve fare attenzione a fare ogni movimento, anche sedersi potrebbe essere fatale per le sue anche, il suo bacino o la sua schiena. Per passare dal letto alla sedia ha bisogno di un aiuto, deve essere seguita 24 ore su 24 e ha una badante che l’assiste. Oggi anche una sedia a rotelle rappresenterebbe la libertà per Jessica!
Anche la sua muscolatura è debole e solo muoversi per poco le provoca un’intensa tachicardia.
La vita dei suoi genitori, di sua sorella Ruby di 18 anni e di suo fratello Tom, ruotano intorno a lei, per aiutarla, farle compagnia. Jessica dice:
“La mia situazione ci ha fortificato e reso i nostri legami particolarmente forti, siamo molto protettivi l’un l’altro.” “La mia malattia si è riversata su tutta la famiglia, anche mia sorella ha perso parte della sua infanzia per starmi dietro e supportare i nostri genitori.”
Se anche ora Jessica guarisse dalla ME, la sua situazione scheletrica è così precaria che la qualità della sua vita sarebbe comunque inesorabilmente compromessa.
“Posso solo fare una mezz’ora al giorno di attività, come usare il computer, poi mi devo riposare. Anche stare seduta su una sedia mi comporta nausea e giramento di testa perché sono troppo debole e assolutamente disabituata ad una posizione che non sia quella sdraiata.”
Jessica ha recentemente dato via ad una raccolta di fondi per i bambini malati chiamata “Share a star from her bed”, ovvero “Condividi una stella dal suo letto”.
“Ho un sacco di progetti e questa raccolta fondi è una parte integrante della mia vita.”
Continua piena di speranza e ottimismo: “Io voglio stare bene e credo che possa succedere, penso che potrò camminare di nuovo da sola, essere di nuovo indipendente è la cosa più importante per me.” “Ho ancora tanto da fare e non voglio essere depressa, bisogna fare i conti con ciò che si ha e basta senza lamentarsi.”
“Certo preferirei non essere malata ma non sono arrabbiata, sarebbe solo una perdita di energia e non posso permettermela!!!”
“La chiave di tutto è non perdere la voglia di ridere, scherzare, avere sempre uno sguardo positivo.”
La raccolta fondi che Jessica sta facendo serve per far avere generi di conforto a bambini costretti a stare in ospedale, per ulteriori informazioni potete visitare il sito www.shareastar.org o seguire l’iniziativa su Twitter @shareastar
Lo scorso ottobre è stata anche organizzata una gara podistica alla quale hanno partecipato il fratello e la sorella di Jessica, sempre per raccogliere fondi, ne è prevista una anche nel 2014 (greatrun.org )
Fonte: http://www.dailymail.co.uk