I tempi cambiano e anche le abitudini, alcune in meglio per fortuna, altre meno. Una cinquantina di anni fa era impensabile e sconveniente che il padre assistesse alla nascita del proprio figlio. I parti avvenivano per lo più in casa se non c’erano difficoltà e il futuro papà era escluso totalmente da tutto ciò.
Oggi, assistere al parto è, per la maggior parte dei papà, un’esperienza, seppur forte, indelebile e stupenda: può stringere la mano alla propria compagna, infonderle coraggio e forza, può finalmente condividere il miracolo della nascita e il primo vagito del bimbo, i più fortunati, anche il primo sguardo ancora appannato.
Oltrepassare i limiti è poi un attimo… Con l’avvento delle nuove tecnologie si sono avuti casi in cui, il futuro papà non solo si è prodigato a fare servizi fotografici del nascituro ma anche della mamma in preda alle doglie ed in piena fase espulsiva, magari con relativo filmato. I social network hanno spesso fatto il resto…
Ebbene, tralasciando i casi estremi, è però un dato di fatto segnalato dall’Associazione Italiana Ostetriche (Aio) che in quell’attimo così importante e sfuggente, destinato però nella memoria ad essere infinito ed immortale, i papà sono spesso distratti!
Non volendo affidare quel ricordo solo alla propria memoria, si trastullano con tablet, smartphone, cellulari per condividere il momento, informare e fotografare, senza vivere la realtà di quegli istanti così preziosi.
Maurizio Gnazzi, presidente dell’associazione, sezione Lazio, ostetrico presso l’Ospedale Cristo Re di Roma, dichiara:
“Oltre la metà dei papà resta infatti attaccato al telefonino o al tablet anche durante le fasi clou, mentre il loro supporto attivo sarebbe cruciale per la compagna che sta partorendo”.
“La realtà che ci si presenta ogni giorno – dice Gnazzi – è che quasi tutti i futuri padri si presentano in sala parto con due o addirittura tre telefonini, un tablet e chi più ne ha più ne metta”.
La cosa più incredibile è che spesso addirittura non lo fanno in correlazione al grande evento ma per altri motivi totalmente estranei a ciò che sta accadendo. Continua Gnazzi:
“Si va dal manager che deve rispondere alle chiamate di lavoro persino quando sta nascendo suo figlio, al normale impiegato ma patito di videogame che trascorre il tempo impegnato in solitari e giochi di ogni tipo. Una scarsa metà ha il buon senso di disattivare i dispositivi quando arriva il momento del parto, mentre oltre il 50% continua a usarli, e allora noi li bacchettiamo puntualmente o gli chiediamo di spegnerli».
Certo un travaglio può essere anche molto lungo e fare qualche telefonatina può supportare la coppia, sciogliere un po’ la tensione, le foto di rito sono innegabili, tutto comprensibilissimo, ma che un papà si trasformi in un documentarista o, peggio, si astragga da ciò che sta accadendo è un po’ un’aberrazione dei nostri tempi tecnologici.