I bimbi sono tutti uguali e vanno tutelati allo stesso modo. È sostanzialmente su questo principio irrinunciabile che il tribunale di Bergamo ha bocciato il bonus bebé adottato con regolamento dal comune di Palazzago (Bergamo). Il bonus bebé prevedeva un contributo economico di 258 euro per i neonati e i minori adottati, ma poneva una condizione: almeno uno dei genitori doveva godere di cittadinanza italiana.
Sono state le associazioni Anolf (Associazione Nazionale oltre le Frontiere) e Asgi (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione) a presentare ricorso eccependo l‘ampia portata discriminatoria del provvedimento.
I giudici, con ordinanza depositata il 17 maggio 2010, hanno accolto il ricorso, il carattere discriminatorio del provvedimento starebbe nella distinzione, del tutto arbitraria, tra italiani e stranieri.
L’amministrazione comunale dovrà rimborsare alle associazioni che hanno adito i giudici delle spese processuali e riconoscere il contributo per il 2009 anche agli immigrati.
Il sindaco ha già annunciato il ricorso in appello.
Ma come si è giustificato il comune dinnanzi ai giudici?
Secondo gli amministratori comunali l’esclusione rispondeva alla esigenza di garantire una salvaguardia minima della caratteristiche storiche e sociali della comunità locale. È appena il caso di sottolineare che per la legge questa giustificazione è inammissibile: è contraria ai diritti umani ed alla stessa Costituzione.
Il Comune di Palazzago aveva previsto la possibilità di accedere al contributo anche per gli immigrati che avessero già presentato richiesta di cittadinanza italiana; in pratica potevano concorrere al bonus anche tutti coloro i quali, pur non avendo la cittadinanza, si trovavano nelle more della richiesta. Per il Comune questo allargamento aveva l’obiettivo di incentivare la volontà di cittadinanza e di stabilità delle cellule fondamentali della società civile a tutto vantaggio della coesione sociale. Ma i giudici non hanno potuto accogliere positivamente neanche questa motivazione. Infatti, in nostro ordinamento, quello comunitario ed il diritto internazionale tutto affermano pacificamente il principio di eguaglianza, di parità di trattamento e di non discriminazione. In ragione di questi principi non è ammissibile l’esclusione degli stranieri dalle misure assistenziali.
Inoltre, va considerato che la richiesta della cittadinanza porta con sé la intima adesione ai valori civili, politici e culturali di un paese, è un atto importante e strettamente personale che non è bene legare alla fruizione di qualsivoglia contributo economico.