La donazione del liquido seminale a fini medico scientifici non è un’azione semplice da un punto di vista emotivo.
Spesso chi dona il proprio seme sa che potenzialmente sta offrendo ad una donna o ad una coppia la possibilità di avere un figlio!
In altre parole, il donatore del liquido seminale è consapevole del fatto che il proprio corredo genetico potrebbe essere destinato a crescere nel ventre di una donna col fine di renderla mamma.
In tal senso è legittimo che un qualunque potenziale donatore si interroghi sulla liceità morale dell’alienazione di una parte del proprio patrimonio genetico: il bambino che nascerà probabilmente somiglierà al papà donatore ma sicuramente non saprà mai nulla di lui e forse non ne conoscerà nemmeno mai l’esistenza.
Di contro, però, verrà alla luce una nuova creatura e sarà amata e sostenuta da una famiglia che ha ardentemente desiderato la nascita di un figlio.
Trascurando ogni valutazione morale e personale, sta di fatto che i donatori di sperma non sono tantissimi.
In alcune aree del mondo la donazione di sperma è ricercatissima, in Cina, per esempio, i responsabili di un ospedale della provincia orientale del Jiangsu hanno deciso di promuovere la donazione di sperma a pagamento: vengono offerti 600 euro per ogni donazione di liquido seminale. Sono invitati a donare (o sarebbe meglio dire “a vendere”) il loro liquido seminale gli uomini tra i 20 e i 50, diplomati e laureati, in buona salute, senza malattie gravi o patologie genetiche.
- Stiamo assistendo ad una moderna selezione della specie compiuta attraverso una campagna di marketing finalizzata all’immissine sul mercato del seme migliore? Laddove c’è poi da chiedersi come venga, appunto, immesso il seme donato sul mercato.
- Ed in teoria esiste il pericolo che il liquido seminale offerto dai donatori diventi un business? Forse (pericolosamente) sì, questo pericolo è reale!
Risale allo scorso aprile questa notizia choc:
una giovanissima ragazza madre è rimasta incinta, a soli 14 anni, a causa di un’inseminazione artificiale praticata con un seme ”donato” e comprato dalla matrigna della baby mamma.
I fatti:
lo scorso aprile una baby mamma, di soli 16 anni, diede alla luce un bambino.
Nel reparto di maternità ove avvenne il parto, l’equipe medica e paramedica notò subito il difficile rapporto tra la neomamma e la neononna. La nonna apparve agli occhi dei sanitari troppo apprensiva e la neomamma troppo protettiva verso il figlio.
Quando la nonna provò a negare alla figlia, appena divenuta madre, il diritto di allattare il piccolo, strappando letteralmente il neonato dal seno della sua mamma, le ostetriche decisero di allertare i servizi sociali.
Quella che emerse fu una verità sconcertante:
la nonna era una mamma adottiva a cui era stato fatto divieto di adottare un quarto figlio. Desiderando un neonato in modo ossessivo e maligno, la matrigna obbligò la figlia adottiva a sottoporsi a un’inseminazione artificiale. E il seme venne acquistato su internet.
L’inseminazione fu addirittura tentata due volte, una prima volta quando la bambina aveva 14 anni ed una seconda volta quando ne aveva quasi 16. Il primo tentativo non andò a buon fine per cui la ragazzina, a soli 14 anni, dovette subire anche l’esperienza lacerante di un aborto. Due anni dopo, a 16 anni d’età, già partoriva dando alla luce il frutto di una seconda inseminazione artificiale violenta e non voluta. E la storia è resa ancora più straziante dal fatto che la giovanissima mamma fosse, per sua stessa ammissione, assolutamente illibata al momento dell’inseminazione.
Questa maternità forzosamente innestata su una mamma immatura, fanciulla, violata e ferita, si è consumata in Gran Bretagna, cioè nella nostra civilizzata e colta Europa.
È una vicenda piena di interrogativi che vanno dall’acquisto in rete del seme, alle modalità dell’inseminazione (che necessariamente avranno coinvolto un medico capace di disporre di debite strumentazioni), sino alla “natura infantile” del soggetto fecondato.
Dinnanzi a storie come questa vale la pena interrogarsi sull’opportunità di pagare il seme “donato”?
Legare il danaro all’atto della donazione equivale a far diventare la speranza di un figlio un pericoloso business capace anche di alimentare storie folli come quella appena riportata?