Quando parliamo di lavoro femminile alludiamo al lavoro fuori dalle mura domestiche, perché per molti e molti secoli alla donna è stato riconosciuto come naturale solo il lavoro riproduttivo, quello svolto all’interno della famiglia e per la famiglia, per conservarne le abituali condizioni di vita.
Il lavoro produttivo, invece, è stato riconosciuto da sempre solo all’uomo e, quando c’era, quello delle donne era orientato verso mansioni per nulla rilevanti, comunque costretto ad essere saltuario e informale. Nel corso dei secoli, in occidente, molte importanti trasformazioni hanno interessato l’istituto familiare e una lenta ma opportuna legislazione ha ridefinito sino ad oggi il ruolo della donna prima all’interno della famiglia e poi della società, tanto che oggi le viene riconosciuto il diritto al lavoro produttivo al pari dell’uomo.
Ma in Italia quando e come si è presentata la donna sul mercato del lavoro? Già prima dell’industrializzazione, nell’Italia rurale dell’Ottocento troviamo la donna impegnata oltre che nel lavoro di casa, in quello dei campi e della produzione di manufatti destinati anche al mercato. Ma il mondo rurale italiano dell’Ottocento era di per sé molto variegato e da Nord a Sud faceva registrare conduzioni e organizzazioni diverse con sacche di povertà molto diffuse tra i braccianti. Le donne del proletariato rurale, per poter sopravvivere con tutta la loro famiglia, erano costrette a cercare lavoro. Così si occupavano come lavandaie o, nelle situazioni peggiori, quando erano costrette a spostarsi nelle città, come balie o serve. Le più richieste erano le nubili o le vedove perché ritenute più libere per impegnarsi nel lavoro. Ma anche quando, sul finire dell’Ottocento, le donne riuscirono a collocarsi nei laboratori del settore manifatturiero non videro riconosciuto il giusto valore al loro lavoro, il loro salario, infatti, non superava mai la metà di quello di un lavoratore maschio adulto. Sicuramente tra la fine dell’ Ottocento e i primi del Novecento le donne con il loro lavoro, prima nei campi, poi nelle risaie e successivamente nelle fabbriche meccanizzate, diedero un notevole contributo alla nostra economia, eppure la società continuava a vederle come mogli e madri e si ostinava a mantenere rigidamente la distinzione dei ruoli sociali tra i sessi. E sbaglia chi pensa che allora le donne fossero incapaci di far sentire la loro voce. Infatti, proprio quando la richiesta di manodopera femminile non fu più occasionale, le donne dimostrarono di avere consapevolezza del loro ruolo di lavoratrici. Si stavano appena diffondendo in Italia le prime idee socialiste e le prime forme di associazionismo e le donne, nel 1881, diedero vita a Milano alla Lega per gli interessi femminili e nel 1887 le lavoratrici delle risaie furono protagoniste di uno dei primi scioperi dell’epoca per rivendicare l’aumento del salario