Napoli. Piazza Garibaldi, di fronte la stazione Centrale. Al calar della sera si vedono spuntare dei ragazzini, alcuni non hanno neanche 12 anni. Pantaloncini, maglietta, cellulare e aspettano.
E’ Amalia De Simone, giornalista, a pubblicare un dossier sul Corriere della Sera. Parla di prostituzione minorile a Napoli.
Il quadro che ne è esce è triste e desolante.
Giovanissimi, arruolati nel mondo della prostituzione. “Montano” alle 19.30, lavorano fino alla notte.
Il suk del sesso lo chiama la De Simone, in pieno centro di Napoli, dalla stazione fino al Corso Meridionale, la strada lungo la quale si incontrano da anni uomini che si prostituiscono.
Adesso trovi i quindicenni, spesso stranieri: rumeni o rom, africani, est-europei. Qualcuno ha la sua postazione, altri girano.
Spesso questi baby-prostituti, sia maschi che femmine, hanno dei clienti fissi, fanno concorrenza grazie a una bassa politica dei prezzi.
Alcuni di loro si prostituiscono nei cinema a luci rosse. E lo scenario peggiora, per quanto possibile.
La sala è deserta, i bagni ghermiti di questi ragazzini che contrattano le prestazioni. Ci sono cinema addirittura dotati di “cabine private, inutile dire che lì non ci si va per vedere il film, o almeno non solo.
Il Centro Direzionale, fulcro della vita amministrativa della città, quartiere moderno, tutto grattacieli e banche, è un’altra zona nella quale si concentra la prostituzione. Tra gli uffici della Regione e il Tribunale, la “passerella” comincia addirittura alle 9 del mattino, quando ci sono ragazzini che vanno a scuola e il pericolo pedofilia mette paura.
La parte sottostante il Centro direzionale è un dedalo di vicoli e garage, un luogo ideale per coltivare traffici illeciti. Basta andarci per capire: un tappeto di preservativi accoglie i visitatori. Nel vicino rione Luttazzi i residenti hanno infatti firmato una petizione per chiedere al sindaco De Magistris di risolvere la questione.
Ma l’articolo si fa ancora più triste quando si parla dei piccolissimi. Un bimbo, sei anni o giù di lì. Intervistati qualcuno risponde: Si, ci sono anche minorenni, dipende se le famiglie acconsentono. Qualcuno addita gli abitanti del campo rom di Gianturco (zona poco distante dalla stazione).
La voce viene data anche ad un’operatrice sociale, Deborah Divertito. A scendere in campo se ne vedono come in un vero e proprio suk: la tratta dei minorenni. Bambini usati dalle stesse famiglie, o venduti addirittura.
E Napoli è sempre più una destinazione invitante per questo commercio: facilità nel trovare documenti falsi, laboratori clandestini, e soprattutto tanta, troppa tolleranza.
fonte: Corriere.it