La guerra è una logica che sfugge ai bambini, loro ragionano per esemplificazioni e nei conflitti identificano (come nelle battaglie di fantasia) solo l’opposizione tra un buono ed un cattivo, l’opposizione, cioè, tra il bene e il male.
Nel linguaggio dell’amore una mamma o un papà che partono per il fronte sono “una perdita” emotiva che il bambino stenta a comprendere e per tutto il tempo dell’assenza restano “un’inquietudine” quasi insostenibile per il bambino.
I figli dei soldati, non sapendo giustificare razionalmente la guerra, non conoscendone le dinamiche politiche, essendo stati educati al ripudio della violenza e non potendo, data la giovane età, neanche collocare “geograficamente” il genitore, manifestano durante l’allontanamento dei soldati una costante necessità di rassicurazioni.
Il figlio del soldato non sa di essere il figlio onorato di un difensore della patria, il bambino soffre solo per la lontananza del genitore e vive attendendone il ritorno.
Del resto anche l’esistenza degli adulti (familiari, genitori, fidanzati o compagni) dinnanzi all’impegno della guerra diviene un’attesa continuamente condotta sul filo della speranza e della tensione. Tutta la vita aspira al ritorno della persona cara dal fronte ed il ritorno corrisponde al più intimo e sentito ricongiungimento, inteso come nuova definizione sicura della famiglia.
Su YouTube è stato caricato un video che mostra le reazioni commoventi dei familiari ed in modo particolare dei bambini quando dal fronte rientrano i valorosi soldati.
Condividere immagini come queste aiuta a massimizzare il rispetto per chi combatte in prima linea, per chi parte amando Patria e Famiglia e per chi vive attendendo il ritorno …
… perché nelle famiglie dei militari sino al momento del ritorno del soldato semplicemente non c’è “pace”.