La legge elettorale si farà, lo dicono tutti. E prima dell’estate.
Probabilmente non è neanche perché lo hanno detto tutti in campagna elettorale. Forse è più verosimile che il motivo sia un altro: questo governo ha già capito che una maggioranza nei termini in cui il governo è nato non solo non arriverà al panettone, ma forse neanche all’anguria.
E allora ben venga di potere votare ma con un altro metodo meno “Porcellum”.
Già la legge Calderoli aveva suscitato dubbi sulla sua incostituzionalità da parte della Consulta subito dopo l’entrata in vigore, noi abbiamo eletto i nostri rappresentanti per ben tre volte in questo modo: nel 2006, nel 2008 e l’ultima nel 2013.
Entro questa estate dunque la legge verrà “ritoccata” per consentire eventuali nuove elezioni, ma siamo ancora ben lontani da potere pensare ad una vera riforma, che arriverà più oltre.
Enrico Letta lo ha affermato a Bruxelles al consiglio europeo: «Questi eventuali piccoli cambiamenti non sono la legge elettorale con la quale voteremo. Quella definitiva uscirà al termine del processo di riforma costituzionale, quindi spero a cavallo della fine dell’anno, e sarà una legge elettorale di riforma complessiva, che terrà conto della nuova forma di governo che dalla riforma costituzionale sarà uscita».
Del motivo per cui su un tema così spinoso e importante si debbano fare due tornate però a me non è chiaro.
Ma andiamo avanti.
Subito dopo queste dichiarazioni le prime risposte non mancano: questi ritocchi partoriranno dunque un “porcellinum”.
Una prima modifica dovrebbe essere che per ricevere il premio di maggioranza al primo partito eletto venga innalzata la soglia di preferenze al 40%, sebbene, con i risultati di febbraio questa modifica neanche riuscirebbe a garantire la governabilità visto che nessuno schieramento raggiungerebbe queste percentuali.
Oltre a questa prima ipotesi però Pd e Pdl restano ancora molto lontani. Il segretario Epifani ha aggiunto: “Vedo solo un rischio: se si andasse al voto con Porcellum modificato si avrebbe un parlamento proporzionale e quindi ingovernabile”.
Il Pdl invece avrebbe preferito agire differentemente: dopo delle brevi consultazioni tra i partiti, il ministro per le riforme Gaetano Quagliariello potrebbe riferire al premier una serie di alternative, una caldeggiata dal partito di Berlusconi il ritorno al Mattarellum con un premio alla soglia del 40%, per non fare scontento nessuno.
Si prevedono nubi di compromesso all’orizzonte.
L’unico nodo sul quale Pd e Pdl sembrano d’accordo è quello di far passare la legge dal parlamento, e questo, per una riforma elettorale tacciata di incostituzionalità, sembrerebbe il minimo.
Sembra intanto abbandonata definitivamente l’idea di una Convenzione per la riforma elettorale al cui vertice si era autocandidato Berlusconi.
Dunque in questa prima fase dovrebbe essere affidata ad un Comitato dei 40 ai quali verrà affidato un ruolo consultivo: poi entro il 31 luglio le prime due letture. Il gruppo dovrebbe essere nominato entro la fine di maggio, poi un referendum confermativo affinchè il popolo si esprima sulla nuova riforma.
Ma se sarà Governo o Parlamento che darà il via all’iter per la riforma, questo ancora non è stato chiarito.
La mozione dovrebbe essere votata entro il 29 maggio.
Su tutto questo aleggia la mannaia dei processi a Berlusconi. Se entro l’estate non dovessero essere confermate le modifiche al Porcellum infatti a ottobre la Consulta si pronuncerà per l’incostituzionalità dell’attuale legge. Non solo. Se Berlusconi fosse dichiarato colpevole nei processi in corso, il Pdl vedrebbe fuori il suo leader dal Parlamento e le cose per il partito potrebbero farsi difficili.
E se per ottobre la maggioranza non dovesse reggere ritorneremmo ad elezioni con chissà quale legge, e senza capo del Pdl. Meditiamo gente, meditiamo.