Spesso, come genitori, si è di fronte ad un vero e proprio dilemma: diversi figli, stessa educazione, stessi principi ed abitudini, eppure caratteri ed atteggiamenti estremamente differenti, se non addirittura opposti.
Si ha la sensazione di aver cresciuto in modo diverso i bambini eppure, dopo tante analisi, ci si ritrova a darsi delle colpe, senza fondamento peraltro, perché, magari, tra i fratelli ci sono solo pochi anni di diversità e spesso sono cresciuti quasi come gemelli, hanno vissuto e condiviso le stesse esperienze, magari la stessa scuola e lo stesso gruppo di amici.
Qual è allora il meccanismo che si instaura?
Poco tempo fa ho letto un articolo di Osvaldo Poli, psicologo e psicoterapeuta che ha due figli e ha vissuto in prima persona la stessa esperienza.
Molto spesso abbiamo un figlio che sembra nato apposta per disubbidirci, la cui prima parola non è “mamma” bensì “no”; d’altro canto, invece, per una sorta di rivalsa, ve ne è anche un altro che è più ubbidiente, uno è intrattabile e ribelle, l’altro più docile e malleabile.
E’ per lo più il confronto tra i due che fa brillare più uno rispetto all’altro e addirittura si rischia di sopravvalutarlo.
Oltre tutto, come si sa, i confronti sono pericolosissimi, rischiano di frantumare il legame di fiducia con il genitore, ledono l’autostima, feriscono, creando fratture spesso insanabili tra fratelli e sono comunque inconcludenti.
Ma quante volte ci lasciamo andare per rabbia a quel: “guarda tuo fratello…”…. beh ci dovremmo mordere la lingua, sono giudizi controproducenti ed irragionevoli.
Lo psicologo spiega, infatti, in parte rassicurandoci, che buona parte del carattere dipende da una “stoffa” del bambino, potremmo chiamarla predisposizione, che prescinde dalle capacità educative del genitore.
Un esempio lampante nei bambini è il tratto orgoglioso che priva il figlio della naturale docilità infantile, ed è un tratto pressoché genetico.
Questa considerazione non sgrava i genitori dal loro compito educativo ma, in qualche modo, ci fa sentire meno coinvolti, se così si può dire, dandoci quel distacco oggettivo e super partes che ci può aiutare nei conflitti familiari.
E’ una teoria che quanto meno non ci sovraccarica di ulteriori responsabilità, di un senso di colpa che spesso ci fagocita, non ci permette di preoccuparci dandoci modo di occuparcene!
Infatti se non è colpa nostra che un figlio sia dotato di una certa base caratteriale preinstallata, è nostro dovere aiutarlo a rendersi conto delle sue prerogative e a migliorarle, in una reciproca collaborazione.
Accettare questa nostra parziale impotenza, che non dipende da un nostro fallimento ma da una peculiarità intrinseca del bimbo, ci da’ modo di concentrarci di più sul da farsi, accettando nostro figlio per com’è e creare un punto di partenza per lavorare sulle sue capacità.
Tenendo conto del suo carattere, accettandolo, possiamo aiutarlo a volersi migliore.
Ad esempio se un figlio è disubbidiente, è più probabile che segua un consiglio se è lui stesso ad esserci arrivato e a valutarlo positivamente per se’, perché, il solo fatto di “ubbidire” fine a se stesso, lo troverà umiliante e difficilmente accettabile.
Come assai è noto, quando diventiamo genitori non abbiamo il libretto delle istruzioni ma, a volte, qualche consiglio può illuminare il cammino!