In che mani sono i nostri figli? Ce lo chiediamo sempre dalle 8 del mattino quando li lasciamo entrare a scuola. E speriamo sempre che siano “mani” di buone insegnanti.
Mai si sarebbero aspettati invece di essere testimoni e al tempo stesso protagonisti di una vicenda simile due genitori di Vicenza. A dire il vero, mai si pensa che queste notizie debbano comparire sulle pagine dei giornali.
A Barbarano (VC), un’insegnante di sostegno e un’assistente scolastica dipendente di una cooperativa incaricata dall’Asl sono state arrestate in flagranza di reato.
Stavano maltrattando il bambino che era stato loro affidato a scuola. Il bambino era autistico.
Già è grave un comportamento del genere sui bambini normodotati, sui soggetti ancora più indifesi si può anche non commentare.
Mariapia Piron, 59 anni, insegnante di sostegno, e Oriana Montesin, 54 operatrice incaricata dall’Ulss 6 di Vicenza. Il ragazzino di 14 anni era stato affidato a loro e frequentava la scuola media di Barbarano.
I genitori del ragazzo si erano accorti nei mesi scorsi dei segni di violenza che il figlio riportava: ematomi e piccole lesioni sul corpo.
Il padre dunque si è rivolto ai carabinieri denunciando qualche sospetto. L’arma ha subito avviato degli accertamenti. Il pm Barbara Munari avrebbe coordinato le indagini autorizzando l’osservazione delle due donne durante tutto l’orario scolastico, dalle 8 alle 12.
L’insegnante e la collaboratrice hanno in carico altri 4 ragazzi con difficoltà, ma sembra che mai nessuno abbia ricevuto o affermato di avere subito violenze al di fuori del ragazzino: schiaffi e insulti sono stati osservati dai carabinieri.
E proprio in flagranza, alle 13.30 di lunedì, i militari fanno irruzione a scuola, e sorprendono le due a maltrattare il minore.
Il provvedimento era stato emanato dalla procura di Vicenza in collaborazione dei carabinieri, e gli investigatori hanno portato a termine l’operazione con l’arresto “facoltativo”.
La preside ha negato di essere a conoscenza della storia e di averne preso coscienza solo al momento dell’irruzione.
Forse perché, come ha anche spiegato il padre, se la vicenda fosse venuta fuori in ambito scolastico, forse anche in buona fede, la struttura avrebbe potuto minimizzare l’accaduto, basandosi proprio su quanto possa essere “sottile” la percezione di soggetti artistici nei confronti degli atteggiamenti altrui.
E forse è sempre il caso invece di porre maggiore attenzione proprio a questa percezione di questi soggetti.