Un uomo di etnia rom è stato accusato di impiego di minori nell’accattonaggio. La vicenda, che vede coinvolti il nomade e sua figlia, una bambina di appena 12 anni, è stata denunciata al Tribunale dei minori di Torino.
I fatti:
sul sagrato di una chiesa cuneese la cittadinanza aveva notato e segnalato alle autorità una giovanissima mendicante “stabile”, una bambina di soli 12 anni.
I Carabinieri, grazie ad una scrupolosa operazione investigativa, hanno accertato che la minore veniva condotta sul sagrato della chiesa con lo scopo di chiedere l’elemosina da un nomade, l’uomo era addirittura il padre della giovanissima mendicante.
Mentre la bambina elemosinava danari dai fedeli il papà attendeva presso un bar poco distante. E, quando si recava a recuperare figlia e “guadagno” della giornata, sostava sempre con la stessa vettura nel medesimo posto ove attendeva di caricare a bordo la bambina.
Al momento le autorità stanno conducendo ulteriori accertamenti, l’obiettivo delle forze dell’ordine è capire se altri bambini, oltre alla dodicenne segnalata, siano stati abitualmente sfruttati nello stesso modo e dallo stesso uomo.
Situazioni di sfruttamento minorile simili a quella appena descritta non sono inusuali. Di fatto le comunità nomadi hanno costumi, usi e principi culturali molto differenti dai nostri e l’integrazione non è semplice.
Un buon processo di fusione culturale prevede l’adesione dell’immigrato all’assetto socio culturale del Paese in cui decide di vivere. Ciò presupporrebbe un desiderio sentito e vivo di partecipazione e cooperazione, l’una e l’altra cosa sono oggi più che mai minate dalla scarsità di danaro e lavoro. Ed, in maniera particolare, risultano due concetti lontani dalle ispirazioni culturali dei nomadi che conoscono solo le regole dei loro campi e dei loro gruppo.
- Il nomade sfugge dall’integrazione sociale perchè è naturalmente “peregrino”, la sua è una vita e una cultura in perenne movimento.
Questo non toglie ai nomadi il diritto di “pretendere” dagli Stati che ne permettono l’accesso la seria garanzia di condizioni di vita dignitose e umane, spesso i campi rom sono indignitosi e disumani. Ma, a fronte di tale pretesa, si apre una domanda seria e importante:
- il cittadino italiano e in generale lo Stato hanno il dovere di imporre ai rom le stesse norme che si impongono a tutti i cittadini e a tutti gli ospiti del Paese?
- I diritti dei minori, così come sanciti dalla legge internazionale, possono e devono venire prima di ogni impostazione culturale?
- Le condizioni dei bambini rom nei campi italiani devono divenire un problema di interesse nazionale ispirato al rispetto dei minori?
Questi interrogativi restano aperti e rappresentano il nodo centrale dell’annosa questione della presenza rom nel nostro paese.