Duecentomila neonati italiani vengono esposti agli effetti negativi del mercurio presente nel cibo consumato dalla madre durante la gravidanza.
Il dato, pubblicato sulla rivista Environmental Health, si riferisce all’anno 2008, ma continua ad essere purtroppo molto attuale, se non addirittura inferiore se riferito all’ultimo anno.
Lo studio, condotto dall’Ehesp di Rennes, analizzando campioni di capelli di mamme provenienti da 17 Paesi dell’Unione Europea, indica le percentuali di inquinamento paese per paese ed ha messo in evidenza che ogni anno quasi due milioni di bambini, ancora prima di venire alla luce, vengono sottoposti ogni anno ad un’esposizione di mercurio superiore a 0.58 microgrammi per ogni grammo di peso, una quantità ben al di sopra dei limiti ritenuti pericolosi dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Ben duecentotrentaduemila bambini, con l’alimentazione della madre o con la propria, hanno un’esposizione “seriamente pericolosa” per la salute, superiore cioè a 2,45 microgrammi di mercurio per grammo di peso. E nella pericolosa classifica dei Paesi più a rischio, l’Italia si colloca ai primissimi posti, preceduta dalla Spagna e dal Portogallo.
Sotto accusa il metilmercurio (MeHg), un metallo-scoria che si trova naturalmente nell’ambiente, ma che è soprattutto un residuo tossico della lavorazione e dell’uso dei combustibili fossili. Esso ha effetti neurotossici, influisce sullo sviluppo cerebrale dei bambini e, di conseguenza, può agire negativamente sul loro quoziente intellettivo.
Secondo lo studio dell’Ehesp, i livelli in più di mercurio farebbero perdere ai bambini europei 700mila punti di Quoziente Intellettivo ogni anno.
Diversi studi hanno anche evidenziato che l’esposizione al mercurio può essere legata allo sviluppo di disturbi dello spettro autistico, microcefalia, ritardi nello sviluppo, ADHD, cecità e convulsioni.
Il mercurio viene assorbito soprattutto attraverso l’ingestione dei pesci, che a loro volta lo assimilano nutrendosi.
Le eruzioni vulcaniche e gli incendi boschivi sono responsabili dell’incremento dei livelli di mercurio rilasciati nell’ambiente, ma sono soprattutto le emissioni inquinanti che derivano dall’impiego di combustibili fossili (come il carbone) a produrre mercurio. Queste sostanze si diffondo inizialmente nell’atmosfera per poi finire nelle acque marine e lacustri, intossicando la fauna marina e, di conseguenza, anche quei pesci di cui noi comunemente ci nutriamo.
Le persone più a rischio e che dovrebbero prestare maggiore attenzione alla possibilità di assorbire il mercurio presente nel pesce sono i bambini ma anche le donne in gravidanza, dato che è stato dimostrato che il mercurio ingerito si accumula soprattutto nel feto.
Bisognerebbe, quindi, evitare di ingerire quei pesci che sono più esposti al rischio di contaminazione e che accumulano quantità eccessive di mercurio, come il tonno, la ventresca, lo sgombro e il pesce spada, e prediligere il salmone, la sogliola, il nasello e il pesce azzurro, limitando comunque il consumo di pesce ad un paio di volte la settimana.