La sentenza che condanna Salvatore Parolisi per l’omicidio della moglie Melania riscrive la storia del processo Rea, presenta, infatti, uno scenario del tutto nuovo e inquadra in maniera assolutamente diversa l’atto delittuoso.
Il problema è uno soltanto: la sentenza appena scritta non colma i vuoti rilevati dalla difesa né sostiene l’impianto accusatorio. E così il processo d’appello sarà modulato su tutt’altri presupposti.
“Lei stava facendo pipì e lui si è eccitato“. Questo sarebbe il momento chiave dell’omicidio Rea, Melania sarebbe morta a causa ed in ragione di questa circostanza scatenante: un bisogno fisiologico quale lo stimolo ad urinare, pochi centimetri di pelle visibili tra un pantalone arrotolato ed un giubbino invernale e l’eccitazione di un marito che non sapeva più sopportare una moglie “dominante”.
Secondo il giudice Tommolini tutto si risolverebbe in un raptus scatenato per il solo fatto che Melania si sarebbe rifiutata di amare Salvatore lì in un posto appartato e freddo, all’improvviso e poco prima di recarsi ad un appuntamento con amici.
Resta da capire perché Salvatore, ipotizzando che sia lui l’assassino come sentenziato, avesse con sé un cambio d’abiti; è necessario chiarire perché ed in che modo disponesse di un’arma da taglio, accettando le conclusioni peritali che individuano in un coltello l’arma che ha ucciso Melania; occorre ancora comprendere perché la donna sia stata uccisa velocemente e alle spalle, come ricostruito dagli esperti forensi. La negazione di un rapporto sessuale lascerebbe pensare ad una discussione o ad una lite, il trucco di Melania al momento del ritrovamento era intatto, nella postura e nelle condizioni del cadavere mancava ogni indizio di lotta. E, particolare non trascurabile, dov’era e cosa faceva Vittoria?
In pratica i buchi della ricostruzione accusatoria, se possibile, si dilatano ancora di più con questa sentenza.
Il giudice sembra opporsi all’accusa: “Ha sbagliato a puntare sui tradimenti”.
E ad un tratto la personalità di Parolisi non è più primaria. In questo senso viene accantonata l’idea, centrale nel processo, dell’uomo oppresso tra le sue due vite affettive, ovvero quella familiare e quella extraconiugale. All’improvviso Salvatore è un uomo piegato dalle umiliazioni di una moglie che rifiutandolo lo induce ad uccidere.
Di fatto Melania è la donna che ha accettato di superare il tradimento, che nella notissima lettera, spuntata da un cassetto della cucina durante la perquisizione filmata in casa Parolisi, chiedeva a Salvatore di ricominciare e soprattutto è la fiduciosa mamma che in nome della famiglia ha seguito il marito e lasciato la sua terra natia. Non è, insomma, sin ora mai apparsa come una donna dura, aggressiva o provocatrice.
Questa sentenza, così com’è stata scritta, potrebbe fondare un appello ove manca un costrutto accusatorio costante e certo prima che comprovato. E paradossalmente potrebbe, allora, rivelarsi una sentenza non del tutto sfavorevole per la difesa?