Le opere e la vita della scrittrice sarda Grazia Deledda, Premio Nobel per la letteratura nel 1926, saranno insegnate nelle scuole italiane.
Lo ha dichiarato il deputato del Pdl Mauro Pili, che insieme alla responsabile nazionale della scuola del partito, Elena Centemero, ha presentato una risoluzione sull´insegnamento nelle scuole italiane della scrittrice sarda che è stata poi approvata dalla commissione Cultura della Camera.
Il parlamentare sardo ha commentato:
“Grazia Deledda merita di essere un faro della letteratura italiana, per la sua storia, per la sua grandezza storica e culturale, per aver decantato come nessuno il fascino e la profondità della sua terra. Il parere favorevole del governo alla risoluzione parlamentare impegna il Ministero ad inserire l’insegnamento di Grazia Deledda nei programmi scolastici. Si tratta di un atto importante che assegna alla più grande scrittice della storia letteraria del nostro Paese il giusto riconoscimento per il suo premio Nobel e per la sua unicità nel panorama letterario mondiale”.
Nella risoluzione si legge:
<<Tra le donne italiane che hanno fatto la storia si deve annoverare la scrittrice nuorese Grazia Deledda, che è considerata una delle più grandi scrittrici italiane. Nel 1926 Grazia Deledda ricevette, unica italiana, il Premio Nobel per la letteratura grazie ai suoi romanzi ed in particolare all’opera “Canne al Vento” di cui nel 2013 ricorrerà il centenario dalla pubblicazione>>.
Maria Grazia Cosima Deledda viene alla luce a Nuoro, il 27 settembre 1871, da Giovanni Antonio e Francesca Cambosu, suo padre ha conseguito il diploma di procuratore legale, e si dedica al commercio del carbone.
A 17 anni, invia alla rivista “Ultima moda” di Roma il suo primo scritto “Sangue sardo”, un racconto nel quale la protagonista uccide l’uomo di cui è innamorata ma che non la corrisponde, e che vorrebbe invece sposare la sorella di lei.
Tra il 1888 ed il 1890, collabora con diverse riviste romane, sarde e milanesi, incerta tra prosa e poesia.
L’opera che però darà inizio alla sua carriera letteraria è “Fior di Sardegna” del 1892.
Sollecitata da Angelo De Gubernatis, si occupa di etnologia e collabora anche alla «Rivista di tradizioni popolari italiane» , per cui scrisse «Tradizioni popolari di Nuoro in Sardegna».
Nel 1895 viene pubblicato “Anime oneste”, e l’anno successivo esce “La via del male”, che incontra il favore di Luigi Capuana.
Nel 1899 conosce Palmiro Madesani, funzionario del Ministero delle Finanze, nello stesso periodo su “Nuova Antologia” compare a puntate il romanzo “Il vecchio della montagna”.
Nel 1900, si unisce in matrimonio con Palmiro Madesani e si trasferiscono a Roma, dove rimarrà fino alla morte, realizzando così il suo sogno di evadere dalla provincia sarda.
Sempre nel 1900, su “Nuova Antologia”, esce “Elias Portolu”.
Dall’ unione con Palmiro Madesani, nascono due figli, Sardus e Franz. Le sue giornate si dividono fra la famiglia e scrittura, a cui dedica alcune ore tutti i pomeriggi.
Nel 1904 viene pubblicato “Cenere”, da cui nel 1916 verrà tratto un film interpretato da Eleonora Duse.
Nel 1910 scrive “Il nostro padrone”, un testo a sfondo sociale e “Sino al confine”, per certi aspetti autobiografico.
Arrivano poi i racconti di “Chiaroscuro” (1912), i romanzi “Colombi e sparvieri” (1912), “Canne al vento”(1913), “Le colpe altrui” (1914), “Marianna Sirca” (1915), la raccolta “Il fanciullo nascosto” (1916), “L’incendio nell’uliveto” (1917) e “La madre” (1919).
Nel 1912 esce “Il segreto di un uomo solitario”, la storia di un eremita che scelto l’isolamento per nascondere il proprio passato; e nel 1922, “Il Dio dei viventi”, che narra di un’eredità.
La profonda conoscenza e l’amore per la sua terra, per le sue tradizioni, per il suo popolo, che sono presenti in tutta la sua opera, costituiscono un elemento che evidenzia il grande valore formativo della lettura e dello studio dei romanzi dell’autrice sarda, in particolare il romanzo “Canne al Vento”.
Il 10 settembre 1926 Grazia Deledda riceve il Nobel per la Letteratura.
In Italia è il secondo autore a ricevere tale onorificenza, preceduta solo da Giosuè Carducci; resta finora l’unica scrittrice italiana premiata.
Nonostante l’attribuzione del Nobel per la letteratura, i dubbi e le ostilità di una parte della critica non vengono dissolti, infatti ancora oggi l’autrice continua ad essere relegata in una posizione di secondo piano tra gli scrittori del primo novecento italiano.
L’ultimo suo romanzo “La chiesa della solitudine” è del 1936, nel racconto la protagonista è, come la stessa Grazia Deledda, malata di tumore.
Il 15 agosto dello stesso anno si spegne.
Lascia un’opera incompiuta, che verrà pubblicata l’anno successivo a cura di Antonio Baldini con il titolo “Cosima, quasi Grazia”.