Ieri si è svolta la 32° udienza del processo in Corte d’Assise a Taranto per l’omicidio della giovane Sarah Scazzi: ben undici ore di interrogatorio, il controesame di Michele Misseri svolto dal pm Mariano Buccoliero, dal procuratore aggiunto Pietro Argentino e dagli avvocati difensori.
Misseri ha ribadito nuovamente la sua colpevolezza nonostante i pm abbiano fatto notare le ripetute contraddizioni dello stesso contadino nel corso degli interrogatori e nel memoriale da lui stesso redatto.
Contraddizioni avvenute anche ieri in aula, mentre “Zio Michele” era intento a ricostruire le operazioni da lui compiute nel corso della soppressione del cadavere della giovane nipote nel pozzo di contrada Mosca:
“Ho preso i vestiti di Sarah dopo aver gettato il cadavere nel pozzo quando ce ne siamo andati”.
La frase si conclude al plurale: c’era dunque qualcuno con lui?
Misseri continua ad affermare di aver fatto tutto da solo, sia per quanto concerne il brutale omicidio, il trasporto del cadavere fino al pozzo e l’occultamente degli indumenti e dell’arma del delitto.
Quest’ultima viene nuovamente identificata come una corda (nella 19° udienza il medico legale che effettuò l’autopsia parlava di una cintura – ndr.), tant’è che lo stesso Misseri ne estrae una dalla tasca nel tentativo di mimare i gesti compiuti durante l’omicidio costringendo il presidente della Corte, Rina Trunfio, a richiamarlo all’ordine, ricordandogli di essere li per un controesame e che quindi non può rilasciare dichiarazioni spontanee.
Quello che purtroppo ancora non è chiaro è il movente: perché Michele Misseri ha ucciso la nipote Sarah Scazzi?
Si riaffaccia l’ipotesi delle molestie, del fatto che lo zio avesse mostrato interessi “fisici” nei confronti della ragazza, arrivando ad affermare:
“Qualche giorno prima le avevo dato una pacca sul sedere. E lei mi aveva detto che se lo avessi rifatto lo avrebbe detto a Sabrina”.
Ma i pm non si convincono, ritenendo più attendibile la possibile gelosia di Sabrina Misseri nei confronti della cugina Sarah.
Incalzato dalle domande e dalle continue puntualizzazioni sulle sue costanti contraddizioni, Michele Misseri sbotta in aula e, rivolgendosi ai magistrati, esordisce con una controaccusa:
“Voi non volete la verità, la verità la voglio solo io per quella poveretta. Io l’ho ammazzata una volta ma voi chissà quante volte la state ammazzando”.
La verità al momento è solo una: Sarah non c’è più e, a oltre due anni di distanza, non esiste ancora un colpevole per quel brutale assassinio.