La mia famiglia è moderna perché mio marito cucina, stende il bucato, se necessario lava il pavimento, cambia i bimbi e li porta all‘asilo? Per me è semplicemente normale!
È naturale che nella gestione della vita quotidiana mamma e papà siano fungibili e si pongano su un piano di assoluta parità.
Ma ciò non appartiene alla tradizionale visone della famiglia, quella comunemente detta “patriarcale” e più veramente ed intimamente “maschilista”.
Negli ultimi decenni la famiglia ha cambiato volto: la coppia ha modificato i suoi equilibri e sono del tutto mutate le dinamiche affettive tra genitori.
L’emancipazione femminile, l’ingresso della donna nel mondo del lavoro, la mutata coscienza sociale dell’impegno domestico hanno concorso in modo determinante a destrutturare la famiglia tradizionale – strutturando, invece, quella più moderna!
È in questo gioco di ruoli che si è consumata, vittoriosamente per padri, madri e bimbi, quella che io chiamo la “rivoluzione del pannolino”: in pratica la nascita del papà moderno. Quel padre collaborativo e consapevole che aiuta concretamente e realmente la mamma. Ma nel riconoscimento di questo modo di essere padri, la legge, con essa la società e l’universo lavoro, restano, però, un passo indietro rispetto alla realtà delle famiglie.
Oggi la nascita di un figlio “incide” in modo prevalente ancora solo sulla madre. È alla donna che viene riconosciuto il diritto al congedo di maternità obbligatoria non al papà. In Italia, allo stato attuale, i permessi parentali di cui il neopapà può disporre per la nascita del figlio restano facoltativi e retribuiti soltanto al 30%. Complice la crisi, nel 2009 solo il 5,8% degli uomini se ne è avvalso.
Probabilmente la medesima ragione economica (ovvero la sentita e stringente carenza di danaro che attanaglia troppe famiglie italiane) ha comportato nell’anno 2009 anche una sensibile riduzione del ricorso alla maternità facoltativa. Secondo i dati Inps hanno allungato la permanenza con il bambino il 4,46% di donne in meno rispetto al precedente 2008.
Il Parlamento Europeo ha concretamente provato a portare gli Stati membri dell’Unione verso il riconoscimento delle mutate condizioni ed esigenze familiari.
È di queste ore la notizia della avvenuta approvazione a Strasburgo degli emendamenti alla proposta di direttiva sui congedi parentali della Commissione europea.
In altre parole il Parlamento Europeo stimola gli Stati membri a riconoscere un più esteso diritto delle madri a trascorrere del tempo con il piccolo dopo la nascita: chiede, quindi, di ampliare i periodi di maternità obbligatoria e di considerare con eguale attenzione la paternità obbligatoria, sebbene per lassi di tempo ridotti.
La votazione ha goduto di una scenografia d’eccezione: nell’aula parlamentare sui banchi capeggiavano una marea di palloncini rosa ed azzurri, rappresentavano i colori dei sessi e delle nascite, ma soprattutto le mamme ed i papà che sperano di vedere rafforzati ed accresciuti i propri diritti.
La direttiva europea vorrebbe ottenere in tutti i Paesi dell’UE :
– un innalzamento della soglia minima del congedo obbligatorio per le mamme portandolo dalle 14 settimane attuali a 20 settimane, garantendo per tutto il periodo di congedo una retribuzione pari al 100% dell’ultimo stipendio;
– l’assoluto divieto di licenziamento delle donne dall’inizio della gravidanza sino al sesto mese dopo la fine del congedo di maternità;
– la reintegrazione della donna, decorsa la maternità, nel suo posto di lavoro o in un posto equivalente per qualifica, retribuzione, categoria professionale e responsabilità;
– un congedo di paternità obbligatorio della durata di due settimane e retribuito al 100%.
Sia ben chiaro che una direttiva europea non è una legge di Stato, ma piuttosto è un “monito”, una indicazione di condotta che l’Europa suggerisce ai Paesi membri.
La speranza di noi genitori deve, dunque, essere quella di una sensibile e pronta adesione del nostro paese alle indicazioni europee.