Il picacismo è un disturbo della condotta alimentare caratterizzato dall’ingestione di sostanze non commestibili, come ad esempio, vernici, ghiaccio, argilla, terra, palle di pelo, vetro e così via.
Tale termine può essere anche abbreviato con “pica”, sostantivo derivante dal latino, ovvero il femminile di picus: “picchio” o “gazza”, cioè animale attratto da diversi oggetti.
Per poter diagnosticare questo disturbo, il comportamento deve avvenire in maniera continuata per almeno un mese; in particolare si è riscontrato che vi è una maggiore frequenza in bambini (dal 10 al 32% da uno a sei anni) e donne in gravidanza.
In entrambi i casi vi può essere un’eziopatogenesi di tipo medica caratterizzata dalla compensazione di un’anemia dovuta a mancanza di ferro da cui i soggetti sono affetti; dunque questa alimentazione diviene una “medicina” per poter porre rimedio alla loro patologia.
A tal punto medicina e psicologia si intersecano sia per le cause che per i comportamenti tipici di chi è affetto da picacismo, infatti, per ciò che concerne le origini di tale affezione, secondo la psicoanalisi non vi è stato un processo di crescita naturale, in quanto sono rimasti intrappolati in uno stadio orale nel quale il bambino esplora anche con la bocca ogni oggetto di cui si trova al cospetto.
Inoltre, abbracciando sempre il ramo psichico, può accadere che l’ingestione di sostanze non commestibili avvenga in maniera compulsiva, per cui si innesca un meccanismo secondo il quale l’individuo non può fare a meno di mettere in atto tale pratica; ovviamente a lungo andare questa condotta deteriora progressivamente l’apparato fisico e psichico dell’individuo, il quale diviene vittima di un fenomeno che non riesce più a padroneggiare.
Come affermato in precedenza, una soddisfacente fetta di soggetti picacistici è rappresentata da donne in gravidanza, le quali, nel momento in cui sussiste una significativa diminuzione del tasso di ferro, possono mettere in atto tali condotte: in particolare si è riscontrato che molte di loro usano ingerire ghiaccio, carne e/o patate crude e spesso da questo comportamento scorretto che sorgono usanze popolari relative alle famose “voglie” in gravidanza.
Questo disturbo, scusate il gioco di parola, ha “fatto gola” anche ai media i quali si sono interessati di veri e propri record di picacismo, tra cui spicca quello di Tempestt Henderson, una 19enne della Florida la quale è arrivata a deglutire 5 saponette alla settimana.
Il caso della Henderson ha suscitato scalpore in quanto la giovane donna, mangiando sapone e detersivo da bucato in polvere prova una sensazione di pulizia interiore, quasi stesse in un’oasi di completo benessere.
In realtà, i medici sostengono che non solo c’era da parte della ragazza una tendenza latente ad attuare tali condotte disfunzionali al suo benessere psicofisico ma, successivamente all’abbandono da parte del fidanzato, questo comportamento compulsivo (finalizzato cioè all’eliminazione di uno stato ansioso) è aumentato significativamente al punto da poter compromettere la salute della giovane. Fortunatamente la Henderson ora è in cura e spera vivamente di non rimanere più vittima di queste condotte lesive.
Questo caso possa fungere da esempio per coloro che non riescono a fare a meno di ingerire sostanze immangiabili, soprattutto se non riescono ad uscire da questo labirinto oscuro; dunque onde evitare danni irreparabili sarebbe utile contattare uno Specialista.