Il sonno per un bambino è particolarmente prezioso: contribuisce ad una sana crescita fisica come ad un sereno sviluppo emotivo.
Un bimbo che non dorme bene ed a sufficienza rischia di essere nervoso, irascibile e difficile da gestire. Per di più l’agitazione da “carenza di riposo” potrebbe pregiudicare anche l’approccio del piccolo al cibo.
I frequenti pianti notturni del bambino, i ripetuti lamenti e la sua continua ricerca di coccole e calore sovente si trasformano per i genitori nella tortura delle << notti insonni>>.
Sostenere la cura del piccolo giorno e notte, dormendo poco o niente, non è fisicamente possibile.
Nei primi mesi di vita i risvegli notturni sono “fisiologici”, normalmente il neonato interrompe il sonno per fame e lo fa all’incirca ogni tre ore. La mamma ha pochissimo tempo per riposare; ciò è ancora più evidente se si considera che usualmente una poppata porta con sé un cambio di pannolino, un ruttino ed una ninnananna o anche una preparazione di biberon, quando si allatti artificialmente il piccolo.
Dunque, come può la neomamma nei primi mesi di vita provare ad <<allungare i tempi delle poppate notturne>>? E cosa può fare, con il passare del tempo, per favorire il riposo prolungato del bambino?
Intanto è bene precisare che il sonno dei piccoli è per sua natura diverso da quello degli adulti.
Ciascuno di noi quando dorme alterna a delle fasi di sonno più leggero altre di riposo profondo. Le prime, tecnicamente definite REM – dalla dizione inglese Rapid Eye Movements, che si traduce in rapidi movimenti oculari – corrispondono al momento in cui sogniamo. Allora le attività celebrali sono ancora vigili perché il cervello, sognando, opera in modo esattamente corrispondente ad un qualsiasi esercizio intellettuale svolto da svegli. Nelle fasi di sonno profondo, non – REM, il riposo si massimizza perché il corpo tende al rilassamento: il respiro si rallenta, diviene ritmico e stabile, come la frequenza cardiaca che pure si riduce.
Ai bambini può accadere di non vivere fasi di sonno non REM, rimanendo così più predisposti ai risvegli. Inoltre i piccoli sono più portati a destarsi nel passaggio tra una fase e l’altra del sonno.
Nei primissimi mesi di vita è vero che il piccolo prevalentemente si sveglia per fame, tuttavia è possibile adottare dei piccoli accorgimenti volti sia a valutare l’effettiva causa del risveglio, sia a prolungare i tempi del riposo.
Se notate che il neonato, una volta sveglio, succhia poco, adoperando il seno più come un cicciotto che non per “sfamarsi”, allora il pianto del bambino potrebbe indicare non una richiesta di cibo, ma un bisogno di attenzione.
Considerate che i piccoli sono “costretti”, una volta nati, ad adattarsi ad un ambiente estremamente diverso da quello in cui sono cresciuti: l’utero materno. Per loro venire alla luce significa imparare a respirare, sperimentare i sensi, quindi vedere, sentire, succhiare, piangere … i piccoli devono necessariamente approcciare alla vita e questo non è detto che sia facile. Nella mamma trovano il primo conforto.
Li aiuta molto avere una vita ordinata eprecisamente cadenzata, ovvero scandita da dei riti regolari.
Il bagnetto è uno dei momenti rituali più profondi, rappresenta anche un richiamo alla vita intrauterina. Coccolare il bebè nell’acqua tiepida prima della ninna in genere rilassa il piccolo, è per questo che il bagnetto è normalmente un alleato del buon sonno.
Indipendentemente dall’età del bambino è bene gestire in modo adeguato le ore che precedono il sonno. Già un ora prima della ninna sforzatevi di “rallentare i ritmi”, preferite le coccole dolci ai giochi sfrenati, abbassate la voce ed il volume della tv, controllate il più possibile i rumori, preparate l’ambiente con musica rilassante (quella classica accompagna bene i bimbi verso il sonno) e abbassate le luci. La luce ha una sua importanza a tutte le età, è scientificamente provato che se è soffusa stimola la produzione di melatonina, ormone che favorisce il sonno.
Chiaramente per i più piccini l’ultima poppata soddisfa l’esigenza di nutrimento e non solo, essa rappresenta l’accompagnamento dolce e protettivo della mamma verso il sonno. Dare il seno tardi, anche a mezzanotte, non è infrequente ed è una buona strategia per sperare in un riposo più lungo.
Le poppate – anche quelle notturne – conciliano sempre il sonno, il latte è ricco di endorfine che rilassano il bebè favorendone il riposo. La mamma, per parte sua, trae giovamento dalla prolattina e dalla ossitocina che permettono alla donna di riaddormentarsi velocemente ammortizzando i danni da “sonno discontinuo”.
Se la mamma è troppo provata e avverte il bisogno di riposare deve sentirsi libera di chiedere e in qualche misura “pretendere” l’aiuto del compagno. Ciò vale anche quando la donna da il suo latte al piccolo, l’allattamento al seno non deve trasformarsi in uno sforzo insostenibile, si può tirare e conservare il latte che il papà offrirà al piccolo durante la nottata. Di una simile organizzazione, ove necessaria, si avvantaggeranno tutti: il bimbo avrà modo di costruire da subito un rapporto di intimità anche con il padre, la mamma sarà più serena ed il papà scoprirà la magia di nutrire suo figlio nella quiete riservata della notte.
Alcune mamme trovano comodo lasciare che i neonati dormano nel lettone, certamente questa soluzione consente alla donna di allattare quasi senza svegliarsi, ma non dimenticate che il “letto familiare”, in cui si dorme tutti insieme, comporta dei rischi non trascurabili. Il bimbo dovrebbe dormire nel porta enfant o nella culletta, protetto dal freddo – in modo non eccessivo – da lenzuola e coperte in fibre naturali, senza pupazzi o altri oggetti potenzialmente pericolosi (è bene considerare che un neonato non è capace di girarsi nel sonno con disinvoltura). La posizione più sicura per la ninna del bebè è a pancia in su, vale sempre la pena ricordarlo.
Ad ogni età per un buon sonno dei piccoli, l’ambiente deve essere accogliente, silenzioso e non eccessivamente caldo, in questo senso è bene collocare la culla, il carrozzino o il lettino lontano da fonti di calore.
Intorno agli otto\nove mesi i pianti notturni possono essere determinati dall’ansia del distacco dalla madre. questa è l’epoca in cui il bambino matura la consapevolezza di sé e perde il rapporto simbiotico con noi mamme pur avendo ancora molto bisogno di conforto. In questo senso è un bene rispondere ai lamenti del piccolo accarezzandolo, coccolandolo e cantando la solita ninna o narrando la storia della buona notte.Spesso ciò basta al bambino per recuperare serenamente il sonno.
I risvegli notturni sono assai comuni e tendono a diminuire con la crescita, ne “soffre” il 25% dei bimbi tra 1 e 3 anni, ma normalmente si risolvono in modo spontaneo.