La fase più controversa della crescita è senz’altro l’adolescenza.
Ma cosa si intende con questo termine che appare a volte vago, a volte fin troppo schematizzante per il ragazzo?
Per alcuni studiosi, tra cui psicologi, pediatri, psichiatri, sociologi ed educatori, l’adolescenza inizia con la pubertà mentre, per altri, pubertà e adolescenza sono la stessa cosa. Altri ancora asseriscono che la pubertà riguarda le trasformazioni fisiche e l’adolescenza gli aspetti psicologici.
L’adolescenza, di fatto, riguarda condizioni fisiche, psicologiche e strutturali nell’ambito sociale ma la cosa rilevante è che fa parte di un periodo di transizione tra la fanciullezza e l’età adulta.
Non è importante la durata ma ciò che caratterizza questo periodo: le situazioni non definite e conflittuali.
In questo periodo non si è più bambini ma non si è ancora adulti e mentre si hanno delle caratteristiche infantili residue, si abbozzano tendenze da adulto.
I conflitti sono numerosi e sfociano in crisi quasi sempre enfatizzate, tipiche dell’adolescenza. Tra queste possiamo menzionare:
- la “crisi di accrescimento” nella quale il giovane deve continuamente adattarsi alle cose: vestiti, scarpe, letto e così via, perché il corpo continua a crescere e trasformarsi prendendo una dimensione adulta;
- la “crisi affettiva” in cui il giovane manifesta il bisogno di rompere gli schemi, le tradizioni, con sbalzi di umore che, a volte, raggiungono atteggiamenti incontrollabili estremi con momenti di apatia o rabbia, contraddizioni, pianto, timidezza o aggressività;
- la “crisi di pubertà” dove il giovane si trova giorno dopo giorno ad adattarsi a se stesso e confrontarsi col mondo di sempre in una situazione sempre nuova: voce che cambia, organi sessuali che si sviluppano, peli, eccetera;
- la ”crisi di identità” che è la fase in cui il giovane ricerca la propria indipendenza e autonomia;
- la “crisi delle idee” che trova l’adolescente critico nei confronti della vita sociale e dei concetti morali degli adulti.
Vi sono, poi, altre crisi che, però, appartengono alla sfera deviante e possono arrivare o convergere in stadi patologici anche gravi. Queste sono, per lo più, causate da disturbi mentali o stati depressivi gravi e sono chiamate “crisi traumatiche”, che sfociano in atti di violenza e comportamenti incontrollati e, a volte, autolesivi e “crisi ritardate” che esplodono dopo i vent’anni in taluni soggetti che sono stati troppo compressi o protetti.
Infine, in alcuni casi, il giovane resta fissato alla fase adolescenziale e pur invecchiando, continua a ricercare le gratificazioni tipiche dell’adolescenza: l’eterno adolescente.
In riferimento all’età, le fasi dell’adolescenza sono essenzialmente tre e si caratterizzano anch’esse in base alla maturazione acquisita più che a un fattore puramente anagrafico.
La prima fase è racchiusa nell’età della prima adolescenza o pubertà ed è quella più schematizzata da fattori fisiologici. Per i maschi è tra i dodici e i quattordici anni e per le femmine tra i dieci e i tredici anni.
La fase successiva riguarda l’età della media adolescenza che per entrambi i sessi è tra i quattordici e i diciassette anni, nel quale periodo avvengono quelle profonde risonanze psicologiche che vanno di pari passo con le trasformazioni fisiche.
La terza fase, nell’età della piena adolescenza o giovinezza, tra i sedici/diciassette anni fino a venti/venticinque anni in cui l’individuo comincia a dominare la propria condotta sociale e morale.
Quest’ultima fase, sfocia nella fase di “Emissione” e “Risoluzione delle crisi”.