A Strasburgo si fa la storia d’Italia e gli assertori di un moto di necessario ed atteso rinnovamento sono i giudici della Corte europea dei diritti umani:
l’oggetto del contendere è nuovamente la Legge 40.
I fatti:
Rosetta Costa e Walter Pavan sono una coppia fertile e portatrice sana di fibrosi cistica. Nell’anno 2006 è nato il loro primo bambino affetto dalla malattia.
La coppia, nutrendo la legittima aspirazione ad avere un figlio sano, ha chiesto e non ottenuto l’accesso alla fecondazione assistita con diagnosi reimpianto.
La legge italiana vieta tale pratica. Il divieto è esplicitamente espresso nell’ambito della Legge 40. Tale negazione interviene malgrado lo Stato italiano lasci alla donna ed alla coppia la facoltà di ricorrere all’aborto quando il feto risulti affetto da una malattia quale la fibrosi cistica.
“Esiste una contraddizione in termini tra la negazione della diagnosi prenatale intesa come diagnosi reimpianto e la libera scelta di ricorrere all’aborto nel caso in cui si accerti la malattia del nascituro?”
È questa la domanda che Rosetta e Walter si sono posti e che insieme hanno condotto all’attenzione della Corte europea dei diritti umani.
La coppia si è sentita discriminata rispetto alle coppie non fertili e rispetto a quelle in cui l’uomo è affetto da una malattia sessualmente trasmissibile.
Con riguardo al diniego di procreazione assistita in favore delle coppie fertili ma portatrici sane di patologie genetiche gravi ed invalidanti, atte invece a garantire il diritto all’aborto, la Corte europea dei diritti umani ha statuito che la legge 40, rappresenta una contraddizione interna al sistema legislativo italiano.
“Il sistema legislativo italiano in materia di diagnosi preimpianto degli embrioni è incoerente“, esso mentre da un lato nega la diagnosi preimpianto, dall’altro, invece, ammette l’aborto ove risulti effettiva e conclamata la stessa malattia teoricamente prevedibile attraverso la negata pratica medica.
Secondo la Corte cosi com’é formulata la legge 40 viola il diritto al rispetto della vita privata e familiare delle coppie fertili ma portatrici sane di gravi e invalidanti patologie genetiche.
L’articolo 8 della convenzione europea dei diritti dell’uomo tutela il rispetto della vita privata e familiare. Nel passaggio in esame legge 40 in maniera certa e diretta viola proprio l’articolo 8 appena citato.
Lo Stato dovrà ai ricorrenti 15 mila euro per danni morali e 2.500 per le spese legali sostenute.
Probabilmente lo Stato dovrebbe a tutti coloro che aspirano a donare figli sani alla nostra Italia una buona, corretta e laica revisione della Legge 40.