Quando finisce un amore ci si sente avvolti in turbinio di emozioni negative e positive. Tali emozioni variano molto in base al lato del processo di separazione in cui noi ci troviamo.
Siamo quelli che lo stanno subendo o quelli che lo hanno messo in atto?
Il punto in cui ci troviamo è significativo, infatti le nostre richieste potrebbero muoversi da una necessità di risarcimento, perché subiamo la fine del rapporto e non desideravamo rinunciare al matrimonio, o da richieste di liberazione, se siamo noi quelli che hanno promosso la separazione.
Gli esperti di psicologia sostengono che la perdita del partner sia paragonabile all’esperienza del “lutto”. Infatti non si può amare qualcuno e perderlo senza sentirsi soli, senza diventare vulnerabili e provare dolore, questo credo sia indipendente da quale lato della separazione noi ci troviamo.
La questione è delicata e sicuramente fra gli atti da compiere, non è da sottovalutare l’aiuto di un esperto (psicoterapeuta o mediatore) per affrontare quest’evento nel miglior modo possibile e “far coincidere” così una separazione legale con una emotiva.
Il processo di separazione da un punto di vista psicologico è un percorso unico, personale e non certamente generalizzabile; sotto l’aspetto legale, invece, la fine di un amore segue un iter rigidamente precostituito. Legalmente quali sono le linee guida che deve conoscere e seguire la donna che intenda separarsi?
La coppia ha dinanzi a sé due alternative: la separazione consensuale e quella giudiziale.
Nel primo caso – separazione consensuale – i tempi sono più ristretti ed i coniugi possono presentarsi in udienza senza l’assistenza di un avvocato, evitando così l’ulteriore aggravio delle spese legali.
Una volta raggiunto l’accordo lo sottopongono al Giudice, il quale verificherà che l’atto sia legittimo, cioè non contrario alla legge.
I patti di separazione devono essere sottoposti anche ad un giudizio di congruità, nel senso che non possono contenere accordi che pregiudicano interessi di uno dei due coniugi o addirittura dei figli.
Una volta fissata l’udienza di comparizione il Giudice ascolta le richieste dei ricorrenti, le valuta ed omologa la separazione.
Diversa è la separazione giudiziale, soprattutto per le implicazioni psicologiche che si porta dietro,in quanto essendo richiesta da uno solo dei coniugi spesso dà vita ad un lungo e doloroso contenzioso.
L’iter ha inizio con il deposito di un ricorso, proposto necessariamente da un avvocato, presso la cancelleria del Tribunale del luogo dove uno dei coniugi ha la residenza o il domicilio.
Alla domanda dell’uno corrisponde l’assenso o l’opposizione dell’altro. Comincia così un lungo percorso fatto di udienze davanti al Giudice al fine di trovare il giusto equilibrio familiare.
Il Giudice, infatti, decide le questioni economiche e patrimoniali, e soprattutto, decide sull’affidamento dei figli.
Negli ultimi anni il legislatore ha ritenuto opportuno introdurre una ulteriore figura giuridica, quella del mediatore familiare, che sia da ulteriore supporto per affrontare la separazione.
Il mediatore è, infatti, un soggetto terzo, estraneo alla coppia, che cerca appunto di conciliare le esigenze di moglie e marito, cercando di raggiungere un equilibrio all’interno della coppia stessa, nel rispetto delle esigenze di entrambi. Una volta concluso questo percorso che si sviluppa in varie fasi moglie e marito possono scegliere di rispettare tale “progetto di intesa” dando luogo ad una situazione analoga alla separazione di fatto oppure è possibile chiedere al Giudice l’omologazione dell’accordo come nel caso della separazione consensuale.
Al di là delle fredde norme dell’ordinamento le difficoltà maggiori stanno nella gestione emotiva delle separazioni, nel rancore che spesso guida i comportamenti dei coniugi e che non li rende capaci di affrontare con lucidità la situazione.
Si scatenano vere e proprie “guerre”, per cose fondamentali come i figli o per banalità quali un oggetto presente in casa.
Ma come dice un vecchio film “La guerra dei Roses”, che tutte le coppie dovrebbero guardare:
Non ci sono vittorie in queste cose, solo gradazioni di sconfitta”.