Non più il nome, griffato, del farmaco: se l’emendamento votato il 29 luglio scorso in Commissione Bilancio del Senato procederà senza intoppi il suo iter, nelle ricette mediche i medici avranno l’obbligo di indicare solamente il principio attivo del farmaco che andranno a prescrivere. E questo varrà sia nel caso in cui prescrivano per la prima volta un farmaco ad un malato cronico, sia nel caso di prescrizioni per patologie non croniche per le quali esistono più farmaci equivalenti.
I farmaci di marca potranno continuare ad essere prescritti ma solamente per i malati cronici che già li utilizzano.
I medici che nella ricetta indicheranno comunque uno specifico farmaco dovranno scriverne la motivazione.
Oggi l’emendamento approderà nell’aula di Palazzo Madama, dove si attende una fiducia-lampo e, molto probabilmente, già stasera sarà definitivamente approvato dal Senato.
La novità, introdotta nella spending review, ha fatto insorgere i medici di famiglia e le aziende farmaceutiche. I primi ritengono che questa norma possa determinare confusione e procurare «rischi» alla salute dei pazienti.
Secondo Giacomo Milillo, segretario della Federazione dei medici di famiglia (Fimmg), alla fine «non sarà più il medico a decidere quale farmaco il paziente dovrà prendere, bensì tale indicazione arriverà dal farmacista, che è già tenuto ad indicare tra i farmaci equivalenti con il principio attivo indicato quello di minor costo. Così, però si limita la libertà del medico di dare indicazioni precise, e si impone al medico di conoscere migliaia di diversi principi attivi. Il risultato sarà un aggravio per il medico stesso, ma anche una maggiore confusione, con rischi per i pazienti stessi».
Ai medici – ha precisato Milillo – «non interessa difendere i farmaci griffati, ma è importante che il medico possa decidere quale farmaco prescrivere».
Dal canto loro, le aziende farmaceutiche denunciano un «vergognoso attacco» alle aziende del settore, che «colpisce al cuore l’industria farmaceutica in Italia». Secondo Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria, «da tale misura non deriva alcun vantaggio di tipo economico nell’ambito della revisione delle spese dello Stato» e, per effetto di tali norme, molte aziende farmaceutiche saranno costrette a chiudere.
Il farmacologo Silvio Garattini, invece, definisce l’emendamento «un compromesso» che permetterà al paziente di risparmiare dato che oggi egli «paga la differenza tra il costo del medicinale equivalente e quello di marca. Non è accettabile che il paziente debba pagare la differenza, a meno che non sia lui stesso a volerlo. Lo Stato dovrebbe far sapere al cittadino, attraverso campagne, che i medicinali equivalenti non sono differenti dai griffati ».
«Se i medici ritengono che ciò non sia vero – ha proseguito Garattini – sulla base di prove e studi, dovrebbero chiederne il ritiro dal mercato».