Quello impedenzometrico è un esame che valuta l’elasticità del timpano, mediante la timpanometria, e la funzionalità della catena degli ossicini che permette la trasmissione del segnale sonoro.
L’affidabilità e la ripetitività, il breve tempo di esecuzione e la sua completa indipendenza dalla collaborazione del paziente hanno fatto sì che questa metodica sia una indagine di routine nell’iter diagnostico audiologico.
Esso rientra tra gli esami obiettivi dell’udito.
Molto genericamente l’impedenza acustica può essere definita come l’ostacolo che l’energia sonora incontra nella sua propagazione attraverso un mezzo. L’impedenza del timpano determina il suo grado di rigidità: un timpano con buone prestazione è anche un timpano flessibile.
Praticamente esso viene eseguito attraverso una sonda introdotta nel condotto uditivo esterno.
Nella sonda sono presenti tre tubicini:
1. il primo trasmette alla membrana un tono fisso
2. il secondo permette di quantificare l’energia elettrica
3. il terzo è collegato ad una pompa che permette di variare la pressione nel condotto e che quindi può modificare le condizioni di rigidità del sistema timpano-ossiculare.
Ciò che influenza la rigidità del timpano sono tre fattori:
– pressione dell’orecchio medio
– quello che può essere contenuto nell’orecchio medio
– la funzionalità degli ossicini.
L’esame impedenzometrico si attua in due tempi:
– timpanometria: si valutano le modifiche dell’impedenza in rapporto alle variazioni di pressioni indotte;
– ricerca del riflesso stapediale: è ormai noto che appropriati stimoli acustici provocano la contrazione di un muscolo (lo stapedio); tali contrazioni, con le conseguenti modifiche del timpano e degli ossicini, vengono registrate con l’impedenzometro.
La presenza di tale riflesso stapediale in entrambe gli orecchi è indice di normoacusia (ovvero nessun problema di udito). La sua assenza può invece indicare grave sordità neurosensoriale.