Non meno di un mese fa, il New England Journal of Medicine riportava la notizia della possibilità di effettuare il test di paternità all’8° settimana di gestazione attraverso il solo prelievo del sangue della madre del nascituro.
La notizia fu supportata da una ricerca attraverso la quale si riuscì ad estrapolare dal sangue materno frammenti di DNA sia del feto che del futuro papà.
In questi giorni, la nota rivista scientifica Nature, una tra le più importanti in questo campo, ha riportato un’altra significativa scoperta legata sempre all’estrapolazione del DNA del feto attraverso un semplice prelievo di sangue della gestante.
Il team di ricercatori della Standford University School of Medicine, coordinati da Stephen Quake, sono riusciti ad isolare e ad analizzare le cellule fetali presenti nel sangue della madre, determinandone il genoma.
Cosa comporta tale scoperta?
Tale esame consentirebbe di diagnosticare preventivamente alcune malattie del nascituro (sindrome di Down, malformazioni, disturbi metabolici, etc.), eliminando così alcune tecniche, attualmente in uso, ritenute “invasive” sia per la mamma che per il bambino, come l’amniocentesi.
Quest’ultima infatti, pur non potendosi definire una tecnica dolorosa, comporta un rischio di aborto spontaneo pari all’ 0,5% dei casi, ossia una gravidanza ogni 200. Stephen Quake, coordinatore del team di ricerca, ha così commentato la scoperta:
“Siamo interessati a individuare le condizioni che possono essere trattate prima della nascita o subito dopo. Senza tali diagnosi i neonati con problemi metabolici o disturbi del sistema immunitario non possono essere trattati fino a quando non manifestano i loro disturbi”.
Un importante passo avanti dunque che, come presupposto dagli stessi realizzatori, potrà diventare una realtà applicabile in ogni clinica tra circa tre anni.