Continuano le indagini sull’omicidio di Maria Anastasi, la donna di 39 anni incinta di nove mesi, uccisa e bruciata a Trapani e del cui omicidio è accusato il marito, Salvatore Savalli.
Grazie alle testimonianze dei tre figli adolescenti della coppia, che hanno smentito le prime due versioni fornite da Savalli al momento della denuncia della scomparsa della donna, e che hanno confermato la presenza di un’altra donna in casa, l’amante del padre, i carabinieri hanno convocato quest’ultima per un interrogatorio.
Dopo ben 20 ore di colloquio, Giovanna P., amante di Savalli, che da alcuni mesi conviveva con l’intera famiglia dell’uomo, ha ammesso di aver assistito al brutale omicidio.
Un racconto agghiacciante che sembra mostrare una quasi premeditazione nell’atto compiuto, un’esposizione dei fatti che mostra un uomo violento e senza scrupoli, che non esita a compiere un orrendo atto neanche di fronte ad una nuova paternità.
Il fatto: Mercoledì 4 luglio alle ore 19:00 Savalli, la moglie e l’amante escono di casa tutti insieme, salendo su una Fiat Punto. Dopo aver effettuato un giro per la città, si dirigono verso le campagne del trapanese, fermandosi poi nella località Zafarana, lo stesso luogo dove, il giorno dopo, un contadino avvisterà il cadavere semicarbonizzato della Anastasi.
I due coniugi, una volta fermata l’auto, hanno avuto una lite dai toni non pacati che, secondo quanto afferma Giovanna P., sarebbe insorta per futili motivi.
Savalli, sceso dall’auto, estrae dal portabagagli una vanga e colpisce la moglie alla testa, sorprendendola alle spalle. Successivamente estrae dal portabagagli una tanica colma di benzina, riversandola sul corpo della Anastasi riversa a terra immobile e appiccando il fuoco.
I due amanti si sono poi allontanati dal luogo del delitto effettuando varie soste lungo il tragitto, in modo da riuscire ad occultare al meglio le prove in loro possesso (vanga, tanica, cellulare della vittima).
Questo è quanto affermato dall’amante dell’accusato che attualmente è in stato di fermo con l’accusa di omicidio.
Un racconto che, in alcuni punti, ha avuto la conferma nelle testimonianze che i figli dell’imputato hanno fornito agli inquirenti; in particolar modo il minore, un ragazzo di 13 anni, che avrebbe visto il padre uscire di casa con una tanica di benzina, mentre la maggiore, la figlia di 16 anni, avrebbe dato conferma che quella sera ad uscire “Erano insieme, lui, la mamma e “quella”… Era la sua amante e aveva ingannato anche mia madre, che era troppo buona. Si voleva prendere anche la mia cameretta, era diventata lei la padrona della casa e mia mamma era costretta a subire”.
Un mostro!
È così che i parenti ora definiscono Salvatore Savalli, reo, agli occhi di tutti, di aver ucciso la moglie e la bambina che portava in grembo, vittima innocente a cui è stato negato il dono della vita.
Ma tutto ciò non è bastato.
Non è bastato martoriare il corpo della donna che, secondo alcune indiscrezione effettuate dagli inquirenti, al momento in cui è stato appiccato il fuoco, era ancora viva.
Non sono bastate le testimonianze di tre ragazzi resi orfani di madre che con le loro parole hanno contestato e smentito le varie versioni fornite agli inquirenti.
Ora Savalli accusa la sua amante di essere l’artefice della macabra uccisione.
Oggi, davanti al gip di Trapani, Antonio Cavasino, nel corso dell’udienza per la convalida del fermo, Salvatore Savalli si è opposto alla ricostruzione dei fatti da parte della sua amante, accusando quest’ultima come reale artefice del massacro.
Chi dei due sta dicendo la verità?
Intanto si attendono i risultati dell’autopsia sul corpo della donna che rivelerà anche l’atroce dubbio sul fatto che sia stata bruciata ancora viva.