Il matrimoni tra Fiorello e YouTube rappresenta la moderna amicizia tra la comicità e la tecnologia, quest’ultima intesa nella sua accezione più nobile di mezzo di diffusione dell’informazione.
Quando l’informazione e l’arte si rendono disponibili al pubblico attraverso la rete esse divengono di immediata fruizione, incarnano un principio di libertà e realizzano un coinvolgimento ed una partecipazione senza pari.
Fiorello, ha instaurato un rapporto “intimo e preferenziale” con YouTube, ha oramai una postazione fissa in un bar romano, lì “interpretando l’uomo comune e il comune sentire” legge i quotidiani e li commenta. Ne viene fuori un dipinto a tinte forti (in versione ironica o se vogliamo tragicomica) dell’Italia che viviamo.
Ieri il comico nostrano ha osservato da vicino la Chiesa romana e il Corvo del Vaticano; lo ha fatto imitando un Papa “ferito” che inneggia al complotto figlio dell’invidia. L’imitazione, però, non è stata pungente quanto un commento di “complemento” che Fiorello si è lasciato scappare durante il suo video.
<<I poveri preti che stanno là nelle missioni, quelli per me sono il Papa>> ha detto Fiorello.
In vero l’attenzione sulle trame della Chiesa e la “lesione dell’onnipotenza papale” a cui stiamo assistendo in questi giorni spingono l’uomo comune ad interrogarsi sulle più intime verità del proprio credo e l’affermazione di Fiorello, in questo senso, non pare casuale. L’istinto primo ed ultimo della Chiase dovrebbe essere “aiutare il prossimo”, del resto è questa l’essenza dell’apostolato e chi la interpreta meglio dei preti e delle suore missionarie?
Vuole, forse, Fiorello rompere il muro di gomma dell’informazione? Vuole infrangere gli schemi e non contraddire ma superare quella onnipotenza papale che, con la sua imitazione del Santo Padre, interpreta come lesa, ferita e affranta?