E se parlassimo di nonni?
E’ vero che oggi lo si fa più spesso di un tempo anche in virtù di un recuperato ruolo sociale ed educativo che psicologi ed educatori hanno posto all’attenzione di tutti noi, ma forse l’argomento merita un suo spazio! Non fosse altro che per la dolcezza e l’affetto che pervade molti di noi quando pensiamo ai nostri nonni e ricordiamo il tempo trascorso in loro compagnia.
Partiamo da alcune constatazioni. Nonni non si nasce ma si diventa. La nascita di un nipote rivoluziona le dinamiche relazionali di tutti i componenti familiari, nonni compresi. I nonni, come i genitori, devono ridefinire il proprio ruolo.
Ancora una volta la vita offre un’esperienza nuova cui ognuno risponde diversamente in base al proprio vissuto, alla propria cultura ma anche risentendo delle trasformazioni intervenute nella società. Riferirsi oggi ai nonni non significa, ad esempio, necessariamente riferirsi a persone anziane. La migliorata qualità della vita ha decisamente spostato in avanti la cosiddetta terza età. Pertanto la gran parte dei sessantenni, nonni pensionati, oggi coltiva i propri interessi, fa viaggi, in alcuni casi frequenta corsi, si documenta, vive cioè una nuova fase della propria vita, progetta il proprio futuro. Tutto ciò se da un lato dà il senso delle profonde trasformazioni della società, della famiglia e delle relazioni interpersonali, dall’altro ci fa comprendere quanto siano diventati obsoleti i vecchi modelli della tradizione, soprattutto perché ai nonni si richiedono sempre più insistentemente atteggiamenti e comportamenti diversi rispetto al passato.
Per essere nonni occorre allora costruirsi una nuova identità, inventare il proprio ruolo, delineare la propria funzione nell’ambito familiare.
E, del resto, non va trascurata la distanza generazionale che c’è tra nonno e nipote, distanza che spesso può creare ai nonni qualche problema di adattamento. Nella stragrande maggioranza dei casi, e soprattutto in assenza di situazioni particolari che non vogliamo contemplare in questa nostra chiacchierata, nonni e nipoti stanno molto bene insieme, tra di loro si stabilisce una buona relazione. Il perché di questo successo è forse legato al fatto che i nonni si sono liberati del peso di essere genitori, non hanno la responsabilità di essere severi, di educare alle regole. Il sapere che c’è chi si occupa in prima persona dell’educazione del bambino toglie loro una naturale ansia, li fa sentire più liberi e distesi nello stabilire un rapporto.
La relazione nonno-nipote resta comunque esposta alle molteplici dinamiche relazionali che si sviluppano all’interno del nucleo familiare e pertanto occorre da parte di tutti molta attenzione e responsabilità. Per restare dalla parte del nonno, è necessario che egli senta il suo ruolo di coadiutore dei genitori nella crescita del bambino e perciò, seppur più libero, non entri in aperto conflitto con le linee educative dettate dai genitori. In tal senso sarebbe opportuno che un dialogo con i genitori accompagnasse sempre l’azione dei nonni e istaurasse quella complicità tra nonni e genitori tale da far percepire al bambino la loro presenza nella sua vita come un tutt’uno. Ciò eviterebbe al bambino possibili disorientamenti, terrebbe i genitori al riparo da inutili sensi di colpa e infruttuose gelosie e offrirebbe ai nonni la percezione della loro utilità e responsabilità.
Lasciamo che il bambino viva serenamente questo rapporto con i nonni e lasciamo che questo rapporto sia costruito sulla disponibilità e anche sulla complicità visto che i nonni sanno ascoltare, giocare, raccontare e, perché no, anche coccolare e consolare. Il bambino ne uscirà arricchito socialmente perché imparerà che non siamo tutti uguali ed esistono comportamenti diversi. Ma dai nonni avrà ricevuto anche un considerevole aiuto alla sua crescita in quanto la loro presenza lo emanciperà dalla dipendenza esclusiva da uno o da entrambi i genitori.