La conoscenza del tumore alle ovaie non è molto diffusa nelle donne, anzi molto spesso viene confuso con il tumore all’ utero. Purtroppo però quello alle ovaie è un carcinoma ben distinto e molto pericoloso se riscontrato in fase avanzata.
I dati parlano chiaro:
- 500 vittime al giorno in tutta Europa;
- 5mila nuovi casi all’ anno diagnosticati nel nostro Paese;
- 37% la percentuale, chiaramente molto bassa, di sopravvivenza a cinque anni se diagnosticata in stadio avanzato;
- 80-90% di sopravvivenza se diagnosticata precocemente (prospettiva ben più rosea).
Il tumore alle ovaie allo stadio iniziale non mostra, purtroppo, evidenti sintomi e quindi non sempre è possibile rilevarlo in tempo, tanto che 8 donne su 10 ricevono una diagnostica tardiva della malattia.
Per ovviare a tutto questo e far sì che questo “killer” possa essere maggiormente combattuto, l’ ACTO (Alleanza Contro il Tumore Ovarico) onlus, associazione formata da un gruppo di donne colpite proprio da questa malattia, con la collaborazione di medici oncologi che se ne occupano, ne promuove la divulgazione informativa, facendolo conoscere, promuovendo e stimolando la ricerca affinché sia possibile trovare una cura definitiva.
Ultimo incontro, organizzato proprio ai fini dell’informazione in merito al caso, si è tenuto il 18 maggio a Milano, come racconta Flavia Villevieille Bideri, Presidente di ACTO Onlus:
“L’obiettivo dell’incontro anche con il coinvolgimento delle Istituzioni competenti, è quello di informare e avvicinare le pazienti, i ricercatori, i medici e le strutture del territorio per creare un’alleanza in cui ognuno, con le proprie competenze, possa contribuire alla lotta contro questa insidiosa malattia”.
Al momento esiste una cura, caratterizzata dalla combinazione di alcuni farmaci, ma, come riferisce anche Nicoletta Colombo, primario di Ginecologia oncologica all’Istituto europeo di oncologia, la ricerca va avanti:
“Ormai da 15 anni la terapia di fondo del tumore dell’ovaio si basa, oltre che sulla rimozione chirurgica della massa tumorale, sulla combinazione di due farmaci (carboplatino e taxolo). Negli anni sono stati fatti tantissimi tentativi per trovare terapie più efficaci, associando altri farmaci a questa combinazione, provando schemi terapeutici diversi, vie di somministrazione alternative. Qualche progresso è stato fatto, ma non abbiamo ancora a disposizione un trattamento risolutivo. Al momento le maggiori speranze vengono dall’impiego di terapie antiangiogenche che, impedendo lo sviluppo di nuovi sanguigni, tolgono nutrimento al tumore e hanno mostrato di aumentare l’efficacia delle terapie standard”.