La Rai licenzia le donne in stato di gravidanza e impone il pagamento del canone anche a chi possiede un personal computer?
E dopo una settimana di polemiche su volgarità, farfalline, compensi astronomici per il ” cantante – filosofo – politico ” e accuse di denigrazione della figura femminile, che sono riusciti ad offuscare addirittura le esibizioni di due mostri sacri della musica come Patty Smith e Brian May, ecco continuare le polemiche sull’ azienda di Viale Mazzini.
La Rai, infatti, in questi giorni sembra non riuscire ad uscire dall’ occhio del ciclone ed ecco arrivare altre due nuove accuse fresche fresche di stampa: una clausola contrattuale che prevederebbe il licenziamento in presenza di una gravidanza e l’ eventualità di far pagare il canone anche ai possessori di computer.
Ma vediamo su cosa vertono le diverse polemiche.
Tutto parte da un appello apparso su www.erroridistamparm.blogstop.com, un piccolo blog di giornalisti precari romani, indirizzato a Lorenza Lei, Direttore Generale della Rai.
I giornalisti, tramite il web, chiedono l’ eliminazione, non solo dei contratti – truffa di consulenza, ma, soprattutto, la cancellazione da tutti i diversi contratti Rai di una clausola riferita alle gravidanze.
La richiesta prende ancora più corpo se si pensa che è indirizzata ad un Direttore che, oltre all’incarico che ricopre, è in primis una donna e che quindi, senza nulla togliere agli uomini, può capire più di loro alcune necessità.
Nelle pagine del blog è possibile vedere un estratto del contratto nel quale si evidenzia questo chiacchierato articolo n° 10, che afferma:
“In caso di sua malattia, infortunio, gravidanza, causa di forza maggiore, o altre cause di impedimento insorte durante l’ esecuzione del contratto, Ella dovrà darcene tempestivamente comunicazione. Resta inteso che, qualora per tali fatti Ella non adempia alle prestazioni convenute, fermo restando il diritto della Rai, di utilizzare le prestazioni già acquisite, le saranno dedotti i compensi relativi alle prestazioni non effettuate. Comunque, ove i fatti richiamati, impedissero a nostro parere, il regolare e continuativo adempimento delle obbligazioni convenute nella presente, quest’ ultima potrà essere da noi risoluta di diritto, senza alcun compenso o indennizzo a suo favore “.
La questione ha iniziato a circolare anche nelle stanze della politica e Susanna Camusso, Segretario Generale della Cgil, reputa il contratto assolutamente illegittimo; andando a violare il rispetto che merita ogni lavoratore, uomo o donna che sia. La Camusso, però, approfitta dell’ occasione anche per porre nuovamente l’ attenzione sulle numerose tipologie di contratto esistenti dei quali la Rai, e tantissime altre imprese, fanno uso.
Dissenso per questa clausola arriva anche da un altro Segretario Sindacale, Raffaele Bonanno (Cisl) che afferma : “La maternità è un diritto tutelato dalla Costituzion e italiana e non si tocca. L’unica clausola che dovrebbe essere inserita nel contratto dei dipendenti Rai è un tetto ai compensi milionari di alcuni conduttori televisivi che usano la tv di stato a proprio piacimento”.
Ovviamente la replica del Direttore Lei non ha tardato ad arrivare e, nelle serata stessa di ieri, ha dichiarato di aver girato a chi di dovere l’ incarico di valutare eventuali interventi da effettuare sulla clausola contrattuale, sottolineando come nell’ azienza non ci siano mai stati segni di alcun tipo di discriminazione.
Applicazione del canone Rai a tutti i possessori di uno o più apparecchi connessi ad internet
Nelle ultime settimane, nelle sedi di numerosi studi di professionisti o imprese, sono state recapitate le richieste di pagamento del canone Rai, anche per coloro che non presentano, all’ interno delle proprie strutture, degli apparecchi tv.
Nelle comunicazioni recapitate si legge:
“La informiamo che le vigenti disposizioni normative impongono l’obbligo del pagamento di un abbonamento speciale a chiunque detenga uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione di trasmissioni radiotelevisive al di fuori dell’ambito familiare, compresi computer collegati in rete indipendentemente dall’uso al quale gli stessi vengono adibiti”.
Secondo queste dichiarazioni quindi, basta possedere un computer con connessione ad internet per dover pagare una tassa che parte dai 200 euro.
Non appena si è sparsa la voce, è partito immediatamente il tam tam tra i social network, dove ci si può rendere conto del diffuso malcontento che questa notizia ha generato, soprattutto se pensiamo che il canone Rai è la tassa più evasa in Italia.
Contro questo tema si sono già esposti a sfavore gli esponenti politici, che, all’ unanimità, da destra a sinistra, si sono schierati contro, soprattutto in un momento come questo, dove la pressione fiscale è già alta di per sè e in cui sicuramente abbiamo bisogno di tutto, fuorchè di una nuova tassa!
Per molti non è ammissibile che venga applicata una norma obsoleta, redatta nel 1938 e che individuò come creditori tutti i “possessori di apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle trasmissioni radiotelevisive indipentendmente dalla qualità o dalla qualità del relativo utilizzo” .
La società è cambiata e la normativa è rimasta ferma ad un epoca in cui la rete non esisteva, dunque perchè non adattarla ai giorni nostri e alla presenza dei nuovi mezzi di comunicazione?
I rappresentanti politici hanno intenzione di chiedere l’ intervento di Monti, in quanto Ministro dell’ Economia, qualora si decidesse di applicare davvero il canone Rai anche ai possessori di computer e apparecchi similari.
Chissà se questo polverone sulla tv pubblica si abbasserà, certo è che, dopo tutte le polemiche scaturite dalla 62° edizione del Festival di Sanremo, proprio non ci volevano; nei prossimi giorni in Viale Mazzini avranno ancora un gran bel da fare e di sicuro rimpiangeranno i dibattiti su spacchi eccessivi e vallette dalla risata equina!