La clemente Natura ha creato delle situazioni in cui l’individuo potrebbe sentirsi completamente a suo agio, rilassato, protetto; sono questi i momenti in cui ogni pensiero tedioso lievemente svanisce nell’immensità dell’etere; è tempo di pace, di benessere, di relax.
Chiudiamo gli occhi e immaginiamo come sia rilassante essere avvolti in caldi e morbidi piumoni durante una gelida serata invernale e quanto sia piacevole essere cullati da onde limpide e trasparenti in un rovente pomeriggio estivo.
Ovviamente tutti coloro che ricevono questo tipo di beneficio si sentono per un attimo al centro di un microcosmo celestiale che elargisce momenti di assoluto benessere, i quali possono permettere a tali individui di riprendere le proprie attività con una marcia in più, gestendo in maniera più equilibrata le faccende future.
A questo punto mi vien da considerare che non sono pochi i casi in cui un soggetto decida per un attimo di “staccare la spina” e affidarsi a mani esperte in grado di massaggiare il suo corpo stanco e affaticato.
Se rovesciamo la medaglia e ci soffermiamo sui “curatori”, ovvero su coloro che si prendono cura degli altri, è interessante scoprire che, nonostante questa attività possa essere soddisfacente per tali individui, si può riscontrare una moltitudine di fattori sottostanti questa scelta di voler proteggere.
L’”arte” del prendersi cura trae ispirazione da un termine francese, ovvero maternage, indicante un insieme di premure e attenzioni che si rivolgono verso un’altra persona, garantendole una base sicura, protetta, proprio come una madre che accoglie amorevolmente il figlio tra le proprie calde e accoglienti braccia.
Tuttavia, allargando il mio spettro osservativo e scrutando sui “backstage” di frequenti atti premurosi non posso esimermi dal chiedermi: “Protettivi si nasce o si diventa?”
Non credo sia semplice sviscerare questa tematica, tuttavia posso servirmi dell’aiuto che la realtà mi offre, difatti qualcuno mi confida privatamente di sentirsi anch’egli “un po’ psicologo” in quanto in grado di dispensare consigli utili e vantaggiosi all’altro e vi è inoltre chi considera il prendersi cura del prossimo una vera e propria missione – vedasi tutte le Istituzioni volte alla tutela e al servizio dell’altro – oppure chi decide in intraprendere una professione specifica in quanto reputa di possedere un“dono”, ovvero quello di sentirsi in pace con se stessi se riesce ad aiutare il prossimo.
Questa prima tipologia di casi è rappresentata da coloro che sono spinti dal desiderio di volersi prendere cura dell’altro, offrendo un sostegno motivato dall’impulso e dalla voglia di far del bene
Vi sono inoltre altre circostanze in cui la presa in cura, il voler dare il proprio sostegno diviene un mezzo, la soluzione per colmare un bisogno al fine di ripristinare o raggiungere uno stato di quiete.
In questo caso spesso si riscontra un fenomeno alquanto strano ma riflettendo bene, atteso, ovvero: “Un individuo sceglie di prendersi cura proprio di quelle persone che non riescono ad occuparsi di lui stesso”.
Un argomento interessante che vorrei approfondire a tal proposito concerne il processo di genitorialità: difatti talvolta accade che una coppia decida di mettere al mondo un figlio per colmare i propri dissapori.
Colgo l’occasione per intrufolarmi nuovamente in questo argomento e, mostrando il mio “paternage” verso questi individui, li invito a riflettere su questa decisione poiché sono questi i casi in cui un bambino, con la funzione a lui proiettata di SALVATORE, diviene paradossalmente il “genitore dei genitori”, anzi, il curatore dei curatori e infondere inconsciamente al piccolo questa responsabilità diviene motivo di una crescita non sempre equilibrata.
Ogni genitore ha un mandato, un compito prestabilito, che è quello di prendersi disinteressatamente cura della propria prole al fine di garantire alla stessa uno sviluppo quanto più benefico possibile.
Dunque concludo affermando che ogni individuo ha il diritto di scegliere come comportarsi, come agire, insomma, come vivere, tuttavia deve indiscutibilmente assolvere ad un dovere: il rispetto.