Soccorrere i naufraghi, recuperare i cadaveri e ritrovare i dispersi sono state le principali preoccupazioni delle forze di polizia addette ai soccorsi per il naufragio della Costa Concordia, arenatasi di fronte l’isola del Giglio lo scorso 13 gennaio.
Con il passare del tempo, il ritrovamento dei cadaveri, l’interruzione delle ricerche subacquee e con l’avanzare delle indagini sulle responsabilità di tale tragedia, indagini che sono ancora in corso e che vedono come principale imputato il comandante Francesco Schettino, l’attenzione si è pian piano sostata sui sopravvissuti alla tragedia, sul loro possibile risarcimento da parte della compagnia armatrice e sulle conseguenze psicologiche, immediate o future, riportate.
È notizia di questi ultimi giorni quella di una trentenne milanese che, incinta di quattro mesi, ha subito un aborto spontaneo, conseguenza, a detta dei medici, del forte stress psico-fisico causatole dal naufragio. La donna, imbarcatasi sul Concordia con il compagno, ha ora chiesto un risarcimento danni alla compagnia navale pari a un milione di euro.
Come già accennato da alcuni esperti, i danni psichici riportati in seguito all’incidente non sempre hanno una manifestazione immediata, anzi, vengono incanalati e custoditi, pronti ad esplodere nel momento meno opportuno.
Secondo il consulente medico di Confconsumatori, il dottor Roberto Alessi, i soggetti maggiormente colpiti sono i bambini:
“Un tale evento nell’età evolutiva (4-13 anni) ha una incidenza più grave e può dar vita, con alta probabilità, a fenomeni noti come “disturbo da stress post traumatico”, che possono comparire anche a distanza di settimane o alcuni mesi. Il disturbo si manifesta con persistenti difficoltà nel ritmo sonno-veglia, nella capacità di concentrazione e, talvolta, anche nella gestione dei rapporti interpersonali. Tale patologia è di difficile trattamento, può persistere per molti anni, innescando importanti disturbi ansiosi anche nell’età adulta. L’evento traumatico rimane impresso nella psiche del bambino come un punto di riferimento minaccioso e inamovibile, e può condizionare il normale sviluppo psichico della persona”.
Il consiglio che viene dato in questi casi è che, non appena il bambino comincia a manifestare i suddetti sintomi, bisogna ricorrere ad un immediato consulto pediatrico e, eventualmente, a quello di un neuropsichiatra infantile.