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Mangiare salato fa male: il sale nella pappa dei bambini

di Maria Corbisiero

01 Febbraio 2012

cibi salatiÈ risaputo che mangiare cibi troppo salati fa male.

Una dieta troppo ricca di sodio, l’ elemento chimico contenuto appunto nel sale, può causare danni al sistema cardiocircolatorio.

Ma cambiare le abitudini, si sa, spesso costa un po’ di fatica quando si è adulti mentre, secondo alcuni studi, risulta più “malleabile” il palato di un bambino.

Un gruppo di nutrizionisti e psicologi, appartenenti alla Monell University, stanno effettuando degli studi proprio sull’ inserimento precoce del sale nell’alimentazione base dei bambini.

Come pubblicato dalla rivista American Journal of Clinical Nutrition, lo studio ha avuto inizio con un campione di circa sessanta neonati. I bambini sono stati messi a contatto, senza comunque l’obbligo di bere, con tre biberon contenenti:

  1. cibi salatiAcqua;
  2. Soluzione salina all’ 1% (una dose di sale equivalente a quella messa in una porzione di minestra destinata ad un adulti);
  3. Soluzione salina al 2% (ritenuta troppo salata anche da una persona adulta).

Da questo primo step è emerso che i neonati, non avendo mai avuto contatto con il sale, non mostrano alcuna predilezione per il salato, anzi rifiutano categoricamente il terzo biberon, quello che ne continene un’ eccessiva quatità.

prime pappeIl test è stato poi ripetuto al compimento dei sei mesi dei bambini, ossia quando si inizia lo svezzamento e quando la loro alimentazione è arricchita con pane, salatini e altri cibi salati. Sui 60 bambini campione, i 26 che avevano già assaporato cibi sapidi hanno mostrato una netta preferenza per i biberon contenenti la soluzione salina, per i restanti 34 nulla è parso variato.

Con questo secondo passaggio, i nutrizionisti hanno dedotto che, introducendo precocemente il sale nell’alimentazione di un bimbo, quest’ultimi, posti di fronte ad una scelta, preferiranno consumare alimenti più saporiti, predilezione che andrà crescendo nel tempo, fino all’età adulta.

Quest’ultima tesi è stata maggiormente avvalorata dal 3° step, ossia il monitoraggio di questi stessi bambini giunti all’età prescolare, che sottolinea, ancora una volta, la loro propensione a consumare maggiormente salatini, se non addirittura il sale assoluto.

Tale ricerca verrà comunque conclusa quando tutti i bambini raggiungeranno l’età adulta per poter confermare definitivamente che è sempre consigliabile ritardare l’inserimento del sale nell’alimentazione o, quanto meno, moderarne il consumo sin da piccoli. Questo ci assicurerà una minor “dipendenza” dai cibi ricchi di sodio in età adulta.



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