“Mamma, quando sarò grande ti sposerò!”
Non è strano e nemmeno raro che nostro figlio affermi una frase del genere. Nè tanto meno deve destare sospetto, preoccupazione o ansia.
Se il bimbo ha dai due anni e mezzo ai sette circa, non ci sono dubbi, siamo nella fase edipica.
Verso i due-tre anni, i bimbi maschi cominciano a sentire una forte attrazione nei confronti della madre; ponendosi col padre con ostilità in quanto rivale “in amore”.
E’ una fase che trova quasi sempre noi genitori impreparati. Da una parte la madre è lusingata dalle attenzioni e dai modi posti in essere dal figlio che cerca di sedurla (laddove seduzione si intenda “condurre a se”), dall’altra l’ostilità nei confronti del padre, che ricopre il ruolo del terzo incomodo, viene vissuta dal genitore con delusione, a volte senso di colpa “cosa avrò fatto mai per meritarmi questo trattamento dal mio bambino?”, sicuramente con senso di esclusione.
In realtà si tratta di una normalissima fase che è parte di una crescita emotiva, psicologica e sessuale.
Si parla di complesso di Edipo rifacendosi a Sofocle, autore di “Edipo re”, che espone la storia di un uomo dal vissuto travagliato, segnato dall’abbandono dei genitori in infanzia, dall’uccisione del padre e dal matrimonio con una donna che in realtà è sua madre, pur senza che lui lo sappia.
Possiamo riassumere l complesso di Edipo come una fase di normale crescita in cui il bambino rifiuta il genitore del suo stesso sesso, reo di essere l’ostacolo per la realizzazione del desiderio di avere la mamma tutta per se. A questo proposito il bimbo può adottare una serie di comportamenti volti ad intromettersi nella vita di coppia dei genitori, come per esempio incursioni nel lettone “inaspettate”.
Il bambino vive questo dualismo di sentimenti con molta frustrazione.
Frustrazione alla quale lui non è nuovo; già col primo grande distacco dovuto allo svezzamento, vive un sentimento di “perdita”; ma prendere coscienza che l’amore della mamma non è univoco, perché dobbiamo condividerlo con l’amore che la mamma ha per il papà, è devastante, a tal punto da scatenare dei sentimenti di odio nei confronti del rivale.
Fa quasi paura quest’ultimo concetto…in realtà è un processo normale, necessario che progredisce, perché mai è statico e che si conclude con la fase di identificazione del papà.
E’ un momento delicato nella vita di un bambino, tant’è che ne troviamo ripercussioni psicologiche perfino negli adulti. A volte si tratta di segnali che non destano preoccupazioni laddove l’individuo conta su una propria sanità ed equilibrio, a volte possono sfociare in vere e proprie nevrosi che hanno radici in una fase edipica infantile non del tutto superata e conclusa.
L’evoluzione psico-affettiva del bambino, così come l’aveva pensata Freud, passa per un innamoramento della mamma con tanto di desiderio sessuale, che a quell’età vuol dire essere al centro della sua attenzione e garantirsi dimostrazioni affettive (coccole, abbracci, baci). Il papà viene sentito come rivale; il bambino si accorge per la prima volta in maniera shockante che le attenzioni della mamma non sono tutte per se ma deve dividerle col papà, verso cui sviluppa un forte antagonismo che lo porta a sentimenti di rigetto verso la figura paterna.
La maggior parte di psicanalisti ritiene che questa sia la fase più delicata della vita di ogni individuo, probabilmente la più forte emotivamente parlando, in cui si delinea la personalità; in cui emozioni ed affetto sovrastano l’individuo stesso, governandolo; e questo lo possiamo riscontrare dalla forza che diventa quasi violenza dei sentimenti di affetto e odio.
Freud tende ad individuare il complesso di Edipo nel periodo che lui definisce fallico, in quanto caratterizzato dalla scoperta del proprio corpo e in particolare del pene, che percepisce come qualcosa che ha a che vedere con la vita di coppia dei genitori, dal quale rimane escluso.
Il tentativo di catalizzare su di te l’intera attenzione della mamma fallisce laddove ci sia un minimo di buon senso dei genitori; a causa di questo fallimento, il bambino risulta deluso e arrabbiato; rabbia che può perfino sfociare in attacchi di collera, o che viene elaborata durante il sonno, sotto forma di incubi. E’ questa la fase da Freud definita di castrazione, in cui il bambino può arrivare a temere la punizione da parte del padre, a causa del suo innamoramento per la madre. Anche attraverso questa paura il bambino supera il periodo di innamoramento della madre, rinforzando il proprio Super Io e cominciando a porre le basi per una propria personalità ben marcata.
E’ solo tra i 6-7 anni, nel periodo della scolarizzazione quando cambiano gli interessi (scuola) e le relazioni sociali con i pari diventano più strutturate, che il bambino affronta l’ultima tappa del complesso di Edipo, superandola e approdando all’ultimo step costituito con l’identificazione del genitore dello stesso suo sesso, il papà. Questa è la fase da Freud definita risolutiva.
E in tutti questi passaggi i genitori come si devono comportare? Come possono essere di aiuto per il figlio?
Semplicemente ponendo attenzione alla delicatezza del momento, sapendo che il bimbo sta passando un periodo di travaglio e di importante crescita. E’ importante far capire al bambino che l’aggressività non è un buono strumento per ottenere i propri scopi, che non potrà sposare la mamma ma che troverà da grande un’altra compagna che lo renderà felice.
Un ruolo importante gioca la figura del padre che solitamente esercita un importante autorità nella famiglia, nella fattispecie necessaria a far capire al bambino che la mamma non gli appartiene in via esclusiva. Dal canto suo, la mamma, dovrebbe cercare di sottolineare l’importanza del padre ogni volta che ne abbia occasione, valorizzandone il ruolo davanti al bambino. Questo per stabilire agli occhi del figlio la solidità del rapporto col marito ed accrescere la stima, il rispetto del bimbo nei confronti del papà.
L’aumento di famiglie mono genitoriali o separate, per vicissitudini personali con una latitanza della figura maschile, può comportare maggiori difficoltà nel superamento della fase edipica. La difficoltà nel trovare un modello maschile in cui identificarsi, fa sì che il bimbo scelga come modello la propria mamma per identificarsi, e ciò porta in alcuni casi da grande, l’attrazione per persone dello stesso sesso; fine cui si arriva non per una naturale predisposizione ma per una situazione di fatto viziata.
Crescere è faticoso, non è mai facile. Crescere significa mettere alla prova noi stessi, ampliare i nostri orizzonti, abbandonare le nostre sicurezze alla scoperta di altre che si rivelano poi più forti. Da piccola mi dicevano “crescere è bello perché scopri il mondo!”…è vero, ma avevano omesso di aggiungere quanto è difficile, quanta paura si prova, quanta sofferenza porta….per cui siamo sempre clementi con i nostri bambini quando affrontano le proprie difficoltà di crescita.