Sono ormai due giorni che la capitaneria di porto, coadiuvata dai vigili del fuoco ed altre forze dell’ordine, pattuglia le acque che circondano la Costa Concordia, arenatasi il 14 gennaio, e ne perlustrano l’interno, alla ricerca dei dispersi.
Tutte operazioni fino ad ora agevolate da condizioni meteo favorevoli che hanno reso meno faticoso il lavoro dei soccorritori.
Ma purtroppo la natura non è sempre benigna.
Stamattina infatti un peggioramento delle condizioni metereologiche (si prevedono temporali nel pomeriggio), hanno causato un ingrossamento del mare, con relativa interruzione delle ricerche. La principale preoccupazione è quella che le onde possano causare un ulteriori sprofondamento della nave. Notizia poi confermata verso la tarda mattinata che comunicava lo spostamento dell’imbarcazione di ben 9 cm in altezza e di 1,50 cm in orizzontale.
Questo imprevisto ritardo nelle ricerche, allontana la speranza di ritrovare superstiti ancora in vita e aumenta la paura di un disastro ambientale.
Infatti, come annunciato da Corrado Clini, il ministro dell’Ambiente, “il rischio ambientale per l’Isola del Giglio è altissimo. L’obiettivo è evitare che il carburante esca dalla nave. Stiamo lavorando su questo e bisogna fare in fretta”.
Bisogna fare in fretta soprattutto perché la nave contiene quasi 2400 tonnellate di gasolio che, se riversato in mare, darà origine ad un vero e proprio mare di catrame nero, mettendo a rischio l’ecosistema dell’ Isola del Giglio.
Per rimediare a tutto questo sono già state posizionati circa 1.300 metri di barriere plastiche (panne di galleggiamento) che, opportunamente collocate intorno alla nave dovrebbero eludere eventuali perdite, separando l’ olio dall’ acqua. Inoltre sono già giunti in Italia gli 8 esperti olandesi della Smit, società specializzata in rimorchi e salvataggi in mare che si occuperà dello svuotamento dei sebartoi.