“Da qualche tempo il mio bambino di 3 anni fa storie ad addormentarsi e, nonostante le rassicurazioni, la mia presenza e la porta della cameretta lasciata aperta, capita che si svegli e pianga. Che sia paura?” – così, con toni preoccupati, mi riferiva una giovane mamma alcuni giorni fà.
Si tratta proprio di paura. Ma, qualcuno dirà, come è possibile che un bambino di 3 anni abbia paura e di che?
Nei bambini possono presentarsi paure irrazionali, causate da esperienze dirette o indirette provenienti dall’ambiente familiare nel quale vivono, ma non sempre gli adulti vi danno il giusto peso. Incapaci di mettersi nei panni del bambino, gli adulti, il più delle volte, le ritengono frutto della sua immaginazione.
Per comprendere il perché delle paure irrazionali del bambino, occorre scoprire sempre cosa egli avverte come pericolo nell’ambiente nel quale vive. Ogni bambino, come ogni persona, ha una disponibilità alla paura che però l’ambiente può accentuare oppure ridurre e non tanto agendo sulle singole paure quanto nel creare un clima in cui possono proliferare oppure no. Prestando attenzione all’ambiente e a come esso viene avvertito dal bambino, dunque, si possono individuare le paure infantili più ricorrenti, ma si può anche apprendere qualche suggerimento circa possibili, rassicuranti comportamenti dell’adulto perché le paure del bambino possono essere vinte.
Ma cos’è la paura?
Generalmente essa è una reazione emotiva di fronte ad un pericolo ed ha radici nelle diverse forme e aspetti di aggressività ambientale. A seconda delle esperienze fatte, del livello mentale e delle abilità fisiche, le paure variano da individuo a individuo e di età in età. Ci sono infatti paure legate al livello di maturazione del bambino che evolvono poi con la crescita.
Paure presenti ad ogni età e più intense nei primi anni sono quelle che illustrano i grandi temi della separazione, dell’ignoto e della distruzione.
Al di sotto dei 2 anni, i bambini possono avere paura dei rumori o dei cambiamenti improvvisi, degli oggetti, delle persone o dei luoghi sconosciuti perché non si sono ancora abituati al ripresentarsi di taluni eventi. Inoltre il livello mentale dei bambini a quest’età non consente di comprendere le cause di determinati effetti, di ricordarle per tempi lunghi e perciò di riconoscerle.
Sappiamo che nei primi anni di vita il bambino trae la propria sicurezza dalla presenza di altre persone attorno a lui, in particolare dalla presenza della sua figura di attaccamento primaria. Nei primissimi mesi di vita l’allontanamento dal proprio ambito familiare non sembra incidere in maniera rilevante sul piccolo, ma già a partire dai 18 mesi e fino a tutto il terzo anno di vita egli è in grado di tollerare solo brevi separazioni.
Diventando sensibile alle differenze tra le persone, a quest’età il bambino attraversa una fase critica che evidenzia la paura dell’ignoto. Inoltre non ha una nozione del tempo sufficientemente evoluta e pertanto non può prevedere il ritorno delle figure di attaccamento. Se un bambino, per qualche motivo, viene separato dalle persone a cui è legato e viene portato in un ambiente nuovo, ove non ritrova nulla e nessuno di familiare e consueto, è inevitabile che avverta un pericolo nella situazione. In effetti egli è incapace di interpretare la nuova realtà nella quale, del resto, non ha punti di riferimento e si sente sicuro solo se le sue figure di attaccamento sono fisicamente presenti. Perciò una loro assenza prolungata nel tempo lo disorienta ed egli si sente incapace di fronteggiare da solo la nuova situazione.
Di qui la paura dovuta alla sensazione di essere stato abbandonato. Quest’esperienza è così forte per un bambino di quest’età che la sua visione del mondo può uscirne stravolta. Certamente gli trasmette una profonda insicurezza al punto da mettere in dubbio le sue acquisizioni, da far regredire il suo comportamento e, quel che è peggio, da fargli perdere sempre più la fiducia negli altri e nelle proprie forze.
Dopo i 2 anni le paure cambiano e il bambino si mostra sempre più spaventato per fatti che possono arrecare danni fisici reali e incidenti vari. Del resto a quest’età egli risente delle paure degli altri, ne individua i segni e si spaventa quando gli altri si spaventano. E’ il caso di bambini che, ad esempio, hanno paura del mare o di certi animali perché sono i loro genitori ad averne.
Con la crescita del bambino la paura, oltre che risposta diretta ad uno stimolo concreto, può essere di natura simbolica e assumere, perciò, forme immaginarie. Ciò si spiega perché la memoria si rafforza, consentendo al bambino di ricordare meglio, e per tempi più lunghi, esperienze spiacevoli e l’immaginazione si sviluppa al punto da fare insorgere paure per situazioni di cui il bambino ha solo udito parlare o che pensa possibili. Anche la paura della separazione può, con la crescita del bambino, essere simbolizzata e allora diviene paura della caduta, paura di perdersi, di essere rapito o, addirittura, paura della morte.
Tra le paure infantili forse la più diffusa è quella del buio.
Essa fa in genere la sua comparsa tra i 2-3 anni, o comunque è a quell’età che il bambino comincia a lamentarla. Se prima di quest’età il bambino dormiva anche con la porta chiusa, ora vuole che la si lasci aperta, perché deve filtrare la luce, oppure vuole che nella stanza vi sia una piccola fonte di luce per tutta la notte. Come si può spiegare? In molti casi il bambino associa la mancanza di luce alla separazione dai familiari nel momento di andare a letto. Altre volte su di lui agiscono le suggestioni dell’ambiente e le esperienze negative legate all’oscurità, come le cadute o l’impossibilità di orientarsi. Anche questa paura evolve e a 4-5 anni è spesso associata ad altri timori: paura dei fantasmi, dei ladri, dei lupi e in tal modo assume le caratteristiche della più generale paura di distruzione. Nei più grandi, poi, è spesso legata ad un senso di insicurezza e assume i tratti di paura dell’ignoto.
E che dire della paura del mare?
Mentre lattanti di 8-10 mesi si avviano carponi verso il mare e si lasciano immergere tranquillamente nell’acqua dai genitori, durante il secondo anno la paura del mare è presente in molti bambini e a volte compare in individui già abituati ad entrare in acqua all’età di pochi mesi. Come lo si può spiegare? Sicuramente a 2-3 anni il bambino ha maggiore coscienza del pericolo ed ha già avuto modo di fare qualche esperienza negativa con l’acqua. Ci riferiamo ad esempio a bagnetti troppo caldi o troppo freddi, al senso di soffocamento a seguito di bevute, alla mancanza di un appoggio o punti fermi ecc.
Va poi sottolineato che il mare spaventa, e più della piscina, per il rumore provocato dalle onde, per il sapore salmastro dell’acqua, per l’estensione della massa d’acqua ed anche per gli improvvisi e violenti spruzzi d’acqua che possono venire da bagnanti poco accorti. Per vincere questa paura è sufficiente una familiarizzazione graduale ad opera del genitore che, con la sua presenza, rassicura il bambino molto più di qualsiasi tavoletta o ciambella colorata.
Il bambino di 2-3 anni deve comunque vivere quest’esperienza come un gioco per non restare passivo. Sarà così portato naturalmente ad imitare il genitore nel suo contatto con l’acqua e se inizialmente cercherà ancora l’appoggio del genitore, lentamente il riuscire nei giochi d’acqua gli darà quella gratificazione necessaria a rassicurarlo nelle sue forze e capacità. La paura può invece essere accentuata se gli interventi degli adulti sono bruschi o se l’adulto, anch’egli timoroso dell’acqua, trasmette la propria ansia al bambino anche solo attraverso le continue raccomandazioni.
Può darsi che la paura per il mare, o per le onde, si presenti inspiegabilmente quando il bambino è più grandicello. In questo caso occorre evitare di forzare il bambino dandogli rassicurazioni verbali poco funzionali oppure tentare di appellarsi al suo amor proprio ricordandogli che ormai è grande e che non può fare capriccetti da bambinetto. Più efficace appare certamente giocare a farsi rincorrere dalle onde invece di entrare in acqua fino a quando non è poi il bambino ad avvicinarsi all’acqua piano piano.
Quanti bambini temono gli animali?
Nella maggior parte dei casi è questa una paura indiretta, dovuta, cioè, al danno sperimentato o raccontato dagli adulti. Ma può anche esserci stato un danno effettivo, sperimentato dallo stesso bambino che, per altro può avere paura della semplice minaccia che essi rappresentano. Per via associativa l’adulto può con i suoi racconti provocare la paura del bambino per animali mai visti o personaggi della fantasia.
Così nel mondo immaginario del bambino dai 4 ai 7 anni entrano ladri di bambini, fantasmi, diavoli, draghi, l’uomo nero ecc Essi sono l’incarnazione dell’estraneo, della morte e della violenza e il bambino ne ha paura perché nella sua mente rappresentano una minaccia per la sicurezza familiare. I timori che questi personaggi della fantasia riescono a suscitare in taluni bambini rivela come in essi sia presente l’impressione di una minaccia latente alla loro situazione personale.
Anche la morte può ingenerare paura nel bambino benché, come evento ineluttabile e imprevedibile, essa sia un concetto difficile da accettare per il pensiero egocentrico del bambino. Non è facile per un bambino di età prescolare capire che se gli animali muoiono anche lui è destinato a morire.
Nel suo egocentrismo egli pensa di essere immortale e come lui lo sono i suoi familiari e tutte le persone a cui vuole bene. Del resto fino ad una certa età la nozione di durata è molto aleatoria e per il bambino non è agevole inserire gli avvenimenti in una successione temporale e concepirli poi senza ritorno. L’idea che possa esservi un futuro diverso dall’esistenza attuale può capovolgere la visione dei rapporti che gli parevano solidi e immodificabili. Eppure capita che un bambino viva l’esperienza della morte di un parente. Sicuramente ne resta turbato molto profondamente per il fatto di aver perso una figura di attaccamento e per dover riconoscere che la morte è un destino comune.
Nei bambini che sono stati colpiti da un lutto in famiglia il tema della morte ritorna spesso nei loro discorsi, nei giochi e anche nei sogni. A volte proprio i sogni possono aprire all’adulto una porta sulle paure infantili perché nei bambini i sogni sono scarsamente censurati e quindi lasciano trasparire facilmente il significato.
Quando l’adulto coglie le ragioni delle paure del bambino deve aiutarlo a reagire e deve farlo calandosi nel suo modo di vivere e sentire il mondo. Personificare, giocando, il personaggio o la situazione che provoca paura aiuta certamente e ancor più se è l’adulto a prendere l’iniziativa perché il bambino di fronte a certe paure si sente impotente e incapace di reagire da solo.
Se, ad esempio, un bambino mostra paura per i cani l’adulto può fingersi cane, abbaiare, ringhiare e cercare di afferrare il bambino. Il bambino si sentirà ben presto rassicurato e dopo un po’ vorrà sostituirsi all’adulto, invertire i ruoli e, così, facendo il cane, vincerà la sua paura. Del resto è tipico del bambino esorcizzare certe sue paure riproponendo nel gioco la situazione dolorosa.
Quante volte abbiamo notato bambini che, dopo aver fatto ricorso per un piccolo incidente alle cure degli adulti o di un medico, giocano a medicare ed applicare cerotti a bambole e pupazzi?
Nel gioco il bambino riproduce la situazione ma ne mantiene il controllo perché sono sue le decisioni mentre a subire ci sono bambole e pupazzi.
La maggior parte delle paure irrazionali dei bambini sono legate all’età, alla sua maturazione mentale, al suo pensiero egocentrico e animistico e pertanto sono destinate naturalmente ad essere superate con l’esperienza e la maturazione del linguaggio.