“Ogni storia merita di essere raccontata”, lo ha detto Simone Reo, in arte Mose, cantautore e firma sotto le parole messe in musica in “20 dicembre (Noemi)”, una coraggiosa canzone sul lutto perinatale.
Che cos’è il lutto perinatale
“20 dicembre (Noemi)” è un atto artistico di coraggio perché squarcia il velo dell’indifferenza su un dolore profondo che scava il cuore delle mamme e dei papà orfani dei loro bambini mai nati o morti a poca distanza dal parto.
Il lutto per un feto o un bambino venuto al mondo senza respiro e a occhi chiusi è come una lacrima amara e perpetua che continua a cadere eternamente mentre il resto del mondo va per la sua strada, mentre la vita diventa sopravvivenza e resistenza.
Volendo tradurre la definizione medico-scientifica di lutto perinatale in termini più fruibili, possiamo partire dal prefisso peri di derivazione greca e concernente il concetto di periodo intorno, in questo caso il periodo è quello intorno alla nascita (peri-natale).
Il lutto perinatale indica infatti la perdita del bambino nell’arco temporale della seconda metà della gravidanza e nelle settimane appena successive al parto, più precisamente entro i primi 28 giorni di vita.
Il mondo, estraneo alla coppia genitoriale e più ampiamente estraneo alla gravidanza e all’investimento fisico ed emotivo di mamma e papà, fa fatica a interpretare il lutto perinatale perché manca il riconoscimento sociale della persona defunta, manca quella vita di relazioni, esperienze, intrecci che fondando ricordi e affetti comunemente capaci di innescare il senso di perdita.
Diversamente i genitori hanno già costruito questo bagaglio col figlio “idealizzato, immaginato” e che la mamma ha sentito in quello stesso “abbraccio da dentro” che Mose canta in “20 Dicembre (Noemi)”.
Il lutto perinatale e la sua entità in termini di perdita abbracciano, quindi, l’invisibile ma concreto investimento affettivo della coppia genitoriale e l’età gestazione è solo un’aggravante ulteriore.
Come reagisce la coppia al lutto perinatale
La perdita è sempre un atto interruttivo insanabile, come tale lascia un vuoto che non si può colmare. In altre parole non c’è possibilità di rewind.
Quello perinatale, in particolare, è un lutto con delle particolarità non trascurabili:
- Spegne l’inizio di una vita con l’enorme carico di aspettative collegate alla nascita di un bambino.
- Entra in aperto contrasto con l’immagine della mamma-generatrice radiosa. La narrativa della maternità che il mondo racconta e lascia echeggiare è lieta, descrive la donna come la pianta fertile e la venuta al mondo come la generazione che permette la salvezza della specie. Ancestralmente questo attribuisce alle mamme una fortuna e una responsabilità connesse all’atto di partorire. Così la donna che vive la perdita si sente ingiustamente come un ramo secco e accusa il fallimento di ritrovarsi sola col ventre spoglio.
- Trasforma i sogni in rimpianti. Il bambino mai nato o morto prematuramente è il sogno che i genitori rischiano di rimpiangere per sempre annegando nel dolore sottile di non averlo mai visto crescere.
La reazione è soggettiva e variabile, ma mai indolore. Un figlio resta nella traccia emotiva dei genitori anche quando muore in pancia e nelle primissime settimane di gestazione. Questa traccia, per quanto intima, e troppo spesso taciuta mentre ha una ricaduta sociale importantissima:
meno è riconosciuto il lutto delle mamme e dei papà orfani di un figlio mai nato maggiore potrebbe essere il senso di isolamento, quello di inadeguatezza e la sensazione di essere stati traditi dalla vita e dal destino, vittime di se stessi e del proprio corpo.
Come reagisce il mondo al lutto perinatale
Quella della morte prematura di un neonato o della morte in utero è un’esperienza fuori dal comune, intanto se ne parla veramente troppo poco rispetto all’incidenza che ha fattivamente nella popolazione fertile. Questa ignoranza sul tema porta a sminuirne l’importanza sociale come la ricaduta psico-emotiva sui protagonisti.
Il progetto pilota di sorveglianza della mortalità perinatale, coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità col contributo del Centro Nazionale per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (CCM) del Ministero della Salute ha raccolto i dati relativi agli anni 2017-2019 in base ai quali attesta un tasso di mortalità perinatale pari a circa 4 decessi ogni 1000 nati.
Questo significa che ogni 1000 partorienti ci sono 4 famiglie in lutto.
I colleghi, i parenti, gli amici e i conoscenti rappresentano quella popolazione satellitare alla coppia che non vede altro che l’aborto o la morte precoce, soprattutto il bambino mai nato o nato morto corre il rischio di rappresentare agli occhi del mondo un incompiuto. Questa concezione rende il piccolo quasi fungibile e anima frasi atroci come: “Di mamma ce ne è una, di figli cento”; “Sei giovane, ne farai un altro”; “Meglio a tre mesi che non dopo”; “Hai tempo per fare figli, andrà meglio la prossima volta”.
Bambino Arcobaleno, la gioia della vita dopo un aborto
Ogni giorno le mamme degli angeli si svegliano e scoprono di portare avanti un’altra vita, loro stesse dopo aver tenuto in grembo un figlio perduto senza averlo mai visto vivere.
Ciò che deve fortemente essere scavalcato è il pregiudizio del non nato, del non venuto al mondo: il lutto perinatale interessa un bambino venuto al ventre e pertanto già formato perfettamente nelle aspettative dei genitori. Laddove un’aspettativa di vita, più precisamente della vita che la donna porta in pancia, è già un legame emotivo e sostanzia la relazione mamma-figlio-papà.
Una parte della pedagogia e della psicologia moderne riconoscono l’esistenza di una relazione triadica (madre-padre-figlio) sin dalla nascita; per estensione il genitore nasce come mamma o papà dalla scoperta della gravidanza e il bambino riceve input sensoriali dai genitori anche nella culla del ventre. È questo l’orizzonte a cui bisognerebbe guardare per garantire dignità al lutto perinatale.
20 Dicembre (Noemi) una commovente canzone sul lutto perinatale
Come è nata questa canzone sul lutto peritale? A questa domanda risponde lo stesso autore attraverso un vlog da più di 9mila visualizzazioni su YouTube.
Con l’intenzione di raccontare la storia di sua figlia, Riccardo, il papà di Noemi, ha contatto Mose, cantautore italiano emerso dalla fucina di talenti di Amici (edizione Amici 17).
Dopo una lunga storia d’amore Riccardo e Roberta diventano genitori; Noemi era la loro seconda figlia, ma il 20 dicembre 2020, dopo una gravidanza in pandemia, la bimba muore in pancia nel giorno che doveva essere quello della sua nascita.
Mose, raggiunto dalla mail, legge le parole di Riccardo e “alla fine è nata 20 Dicembre, in due ore con le lacrime agli occhi”, lo rivela lui stesso aggiungendo: “È stata la prima canzone di tutta la mia vita che ho scritto piangendo”.
La delicatezza e la profondità di “20 Dicembre” sta nel fatto che dà voce a Noemi, non ne racconta semplicemente la storia. Dare voce a una bambina che non ha mai avuto nemmeno lacrime e rimettere tutte le sue stesse lacrime ai genitori, come se fossero un’eredità d’amore, equivale a rivelare al mondo la presenza viva e vera di tutti i bambini nati in pancia e morti in pancia (o voltati in cielo troppo presto dopo il parto).
Una canzone sul lutto perinatale è una canzone sociale ed è un atto di sensibilizzazione, ecco perché:
Avere un figlio angelo significa pensare un giorno di riabbracciarlo, neonato lì tra le nuvole dove ancora attende la sua mamma in una culla eterna. Il lutto perinatale restituire ai genitori lacrime continue, ogni giorno, sebbene silenziose, invisibile e nascoste. La morte prematura o in utero di un figlio costringe mamme e papà a inghiottire e nascondere dentro se stessi quel futuro mai vissuto.
Questa canzone sul lutto perinatale dà dignità al dolore nascosto di centinaia e centinai di genitori che spesso negano a se stessi (in qualità di persone singole e di coppia) l’eredità profonda delle lacrime del proprio figlio, come se piangerle fosse possibile solo nel nascondimento, nella solitudine del proprio cuore. È tempo di riconoscere l’intensità del lutto perinatale e attribuire il giusto valore all’aspettativa di vita disattesa, al futuro interrotto, al batter d’ali dei figli angeli.