La maternità è uno straordinario viaggio evolutivo che segna il passaggio dall’essere donna all’essere mamma. Tuttavia, come ogni esperienza di vita, benché unica e meravigliosa, anch’essa cela delle insidie, difficoltà che non tutte riescono a superare. Lo sa bene Ariana Sutton che, oppressa dalla depressione post partum, ha detto addio per sempre ai suoi 3 bambini.
La storia di Ariana Sutton
Ariana Sutton viveva a Norton, nel Massachusetts (USA), con la sua famiglia: il marito Tyler, agente di polizia, la figlia Melody, nata nel 2018, e i gemelli Rowan e Everly venuti alla luce il 22 Maggio 2023. Era un’insegnante di danza ed era descritta dagli amici come una persona calorosa ed ottimista.
Perfettamente sana, la donna si è ritrovata ad affrontare una forma grave di depressione post partum alcune settimane dopo aver dato alla luce la primogenita.
“Non ne avevamo molta familiarità, ne eravamo all’oscuro entrambi – spiega il marito – Non avevamo niente in programma perché non sapevamo con cosa avevamo a che fare”.
Spiazzati dal “ladro che ruba la maternità”, come viene definita la DPP, i coniugi non sono stati in grado di intervenire alla manifestazione dei primi sintomi. Ariana Sutton ha subito due ricoveri ospedalieri prima di poter tornare alla vita familiare.
La seconda gravidanza di Ariana Sutton
Durante i primi 4 anni di vita della piccola Melody, Ariana ha continuato ad assumere farmaci antidepressivi e a consultare sia uno psichiatra che un terapista. La sua paura era che la DPP potesse tornare di nuovo a tormentarla.
Insieme al marito aveva ben ponderato la decisione di allargare la famiglia e si era preparata ad affrontare al meglio questa nuova maternità.
“Quando finalmente siamo rimasti incinta dei gemelli, abbiamo escogitato un piano. Abbiamo messo insieme una squadra: uno psichiatra che conoscevamo da quattro anni e un terapista con cui ha continuato a parlare per tutti questi quattro anni”.
Le premesse sembravano ottime: la gravidanza è stata portata avanti senza problemi e la donna sembrava stare bene.
La nascita dei gemelli
Al fine di evitare qualunque rischio per mamma e bambini, i medici avevano programmato l’induzione del parto verso la metà di Giugno, termine che non è stato possibile rispettare. Ariana Sutton è entrata in travaglio 3 settimane prima della data fissata, partorendo i suoi due gemelli il 22 Maggio 2023.
I piccoli Rowan Stephen e Everly Irene sono stati portati prontamente nell’unità di terapia intensiva neonatale, restando in reparto anche dopo le dimissioni della loro mamma.
Tyler Sutton ritiene che il parto prematuro sia stata la molla che ha fatto scattare la moglie, la causa che ha scatenato in lei una più repentina e forte crisi di depressione post partum.
“Quello che le è successo nell’arco di poche settimane con la prima gravidanza, stavolta è successo in un paio di giorni – ha raccontato – E anche se avevamo un piano, non c’era modo per noi di prevedere che ciò sarebbe accaduto così rapidamente e così all’improvviso. È venuto fuori dal nulla e non eravamo pronti”.
Il 31 Maggio del 2023, nove giorni dopo il parto gemellare, la tragedia: Ariana Sutton si è tolta la vita. Ad averla strappata all’affetto dei suoi cari la depressione post partum, descritta come il “ladro che ruba la maternità”.
Campagna di sensibilizzazione sulla depressione post partum
Secondo uno studio aggiornato al 7 ottobre 2022, 1 donna su 7 può soffrire di depressione post partum manifestando i primi sintomi verso la sesta settimana dopo il parto (in alcuni casi ciò può avvenire anche prima). Una media che può variare a seconda dello Stato di appartenenza (negli USA 1 donna su 10) o da considerare in aumento per le diverse, anche troppe, mancate segnalazioni da parte di chi ne soffre.
Ed è proprio questo il motivo che oggi spinge il marito di Ariana Sutton a raccontare pubblicamente la storia di sua moglie e la tragedia che li ha colpiti. Molte neo mamme infatti non sono in grado di riconoscere i sintomi della depressione post parto, altre invece si nascondono per paura di essere additate come “pessime madri”.
È risaputo che per la società odierna una mamma non può essere altro che la rappresentazione della felicità, una donna circondata da un’aura positiva che si dedica ai propri figli giorno e notte senza mai perdere il sorriso. Ma la maternità non è solo gioia e beatitudine, esiste anche un “lato grigio” mai raccontato e spesso tenuto nascosto e celato agli occhi inquisitori di chi attende un solo passo falso per puntare il dito contro.
“Se solo potessimo rendere normale la richiesta di aiuto ed evitare che le donne si vergognino perché non in grado di fare da sole – spiega Tyler Sutton – Questa è una cosa reale. È molto, molto reale, molto potente, molto pericolosa e non dovrebbe essere affrontata da soli”.
La depressione post partum non deve essere un tabù
Ogni mamma, futura e non, deve sentirsi libera di poter parlare delle sue “zone d’ombra”, di ciò che più la spaventa, delle difficoltà che sta incontrando, sia fisiche che emotive, e delle paure per ciò che le riserva il futuro.
La campagna di sensibilizzazione portata avanti dal marito di Ariana Sutton coinvolge in tal senso anche gli operatori sanitari. L’auspicio dell’uomo infatti è che sempre più medici, specialisti ed assistenti inizino a parlare della DPP durante le visite di routine.
“Quando una donna incinta entra nel loro ufficio per la prima volta ed è molto eccitata e inizia a parlare con lei del futuro, degli appuntamenti, dei modi per prepararsi e delle cose a cui prestare attenzione, alla fine dovrebbe dire: “Parleremo periodicamente della depressione post-partum, della gravità e delle diverse cose che puoi fare al riguardo per prepararti a questa possibilità”.
È dunque estremamente importante saper riconoscere i sintomi e agire in tempo perché le conseguenze di una depressione post parto non riconosciuta e trattata tempestivamente possono essere tragiche.
“Quando ci stava succedendo, non avevamo numeri. Non avevamo nomi. Non avevamo nessuno a cui rivolgerci – racconta Tyler Sutton – La depressione post-partum non era qualcosa che la definiva, era qualcosa che le era successo che poteva essere evitato ma che non siamo riusciti a fermare in tempo”.
L’uomo spera che la storia di sua moglie arrivi a più persone possibili e che queste riescano ad ottenere l’aiuto di cui hanno bisogno. Salvare anche una sola persona darebbe un significato diverso alla tragedia di Ariana Sutton.