A 17 anni di distanza dal Novembre 2005, ci si chiede che fine hanno fatto le registrazioni audio e video di una festa di matrimonio vagliate dalle forze dell’ordine mentre indagavano sulla comunità kosovara di Castione nell’ambito della ricerca di Danase, la bambina del video di Milano, oramai nota a tutti.
Perché la ricerca di Danase è stata cruciale negli anni che vanno dal 1° settembre 2004 ad oggi?
Il video di Milano potrebbe ricostruire un possibile percorso della sparizione della bambina, potrebbe, cioè, essere una tappa dell’occultamento di Denise e indicare uno dei luoghi dove l’hanno nascosta.
Nello specifico collocare collocare Danase a Castione, nell’alveo di quella comunità kosovara che orbita sulla provincia Bergamo, riapre oggi alla pista valtellinese.
Nel 2005 una super testimone avrebbe fotografato Danase, la bambina del video di Milano e le forze dell’ordine l’avrebbero cercata all’interno della suddetta comunità, anche durante l’appena citato matrimonio, senza però trovare né la bambina né l’autrice delle immagini. Gijlia sarebbe il nome di questa super testimone.
La pista valtellinese e la ricerca (17 anni dopo) della bambina del video di Milano
La pista valtellinese parte dalla testimonianza di una donna egiziana, Susanna, che sosteneva che nel 2005 Danase era stata fotografata da una kosovara, Gijlia. Quest’ultima avrebbe riferito a Sussana che la piccola viveva presso Shakira, un’altra donna kosovara che si attribuiva la maternità della bambina.
C’è anche un’italiana, insegnante di lingua che ha prestato i suoi servigi a più membri della comunità kosovara e alla stessa Sussanna. Questa connazionale racconta di avere, illo tempore, raccolto le confidenze di Susanna proprio in merito alla bambina del video di Milano: Susanna la collocava nella casa di Shakira, lo faceva attraverso i racconti di Gijlia e le foto della bimba che sosteneva di aver visto sul telefono di quest’ultima. La bimba delle foto aveva una cicatrice sul volto e, a detta di Susanna, somigliava alla bambina del video di Milano.
La fonte italiana, a sua volta intervistata da Ore 14, il programma condotto da Milo Infante, si era rivolta alle autorità per testimoniare quanto appreso e il fatto che Susanna, inoltre, riconosceva anche Shakira nel video di Milano come la donna che accompagnava Danase.
Susanna è morta, malgrado ciò la sua testimonianza resta documentato da una dettagliata intervista allo stesso programma, Ore 14.
Perché si ritorna a parlare di questa pista dopo tanti anni?
Nel 2005 le autorità provarono a rintracciare Gijlia, la cercarono anche ad un matrimonio dove molta parte della sua famiglia era presente e dove, forse, si sperava di trovare anche la bambina del video di Milano. In occasione di quel matrimonio le autorità organizzarono una capillare operazione:
- registrazioni audio-video che, però, non sono nelle mani dell’avvocato Frazzitta e che mal si capisce perché non siano state registrate e protocollate agli atti del processo;
- irruzione nella festa di matrimonio;
- ricerca di Gijlia e riconoscimento degli ospiti.
Ma qualcosa non torna con riguardo alle risultanze dell’indagine relativa alla festa di nozze: Gijlia, contatta da Ore 14, sostiene che nessuno l’ha mai interrogata sui fatti di cui si discute oggi; ritiene che Susanna abbia mentito su tutto e nega di aver mai posseduto foto di quella bambina. Inoltre precisa anche di non avere rapporti di parentela con Shakira.
Al matrimonio le autorità cercavano lei e il suo telefono, che avrebbe dovuto contenere le foto della bambina del video di Milano, ma dai verbali la presenza di Gijlia non risulta. A discapito di quanto rubricato agli atti, Gijlia sostiene, invece, che era proprio lì dove le sarebbe stata anche contestata l’autenticità del suo documento di riconoscimento. Le autorità registrano nei verbali la presenza di numerosi tavoli vuoti, lasciando intendere la mancanza di più ospiti, ma Gijlia sostiene che a quel matrimonio non mancava nessuno dei suoi familiari.
La stessa Gijlia afferma, infine che non avrebbe mai potuto scattare foto a nessuna bambina perché all’epoca aveva un cellulare senza fotocamera, cosa che si potrebbe accertare risalendo dal numero di telefono al modello del cellulare, ma l’avvocato di Piera Maggio non ha a disposizione il suddetto numero.
Insomma sembra esserci un altro “buco nero” nell’indagine sulla scomparsa di Denise.