Si è svolto ieri l’esame autoptico sul piccolo corpicino dei due fratellini vittime della strage di Ardea, entrambi uccisi con colpi di arma da fuoco mentre erano intenti a giocare nel parco vicino casa.
Nel contempo gli inquirenti indagano sul movente che ha spinto l’omicida a compiere quel folle ed ancora inspiegato gesto, concentrandosi sulla vita familiare dell’uomo nonché sulla madre che potrebbe rischiare l’arresto.
Strage di Ardea: come sono morti i due fratellini.
Domenica 13 giugno si è consumata una vera e propria strage. Un uomo, successivamente identificato come Andrea Pignani, ingegnere informatico di 34 anni, è uscito di casa tenendo stretta tra le sue mani una pistola carica la cui provenienza è ora al vaglio degli inquirenti.
Dopo aver raggiunto il parco delle Pleiadi situato vicino alla sua abitazione, la stessa che condivideva con la madre e con il padre deceduto alcuni mesi fa, l’uomo ha esploso il primo colpo nella direzione di due bambini, i fratellini Daniel e David Fusinato, rispettivamente di 10 e 5 anni.
Secondo la ricostruzione fornita dal quotidiano La Repubblica, un racconto dei fatti che necessita di ulteriori conferme da parte degli inquirenti, quel colpo avrebbe raggiunto David, il primo ad essere colpito dall’omicida, subito soccorso dal fratello maggiore che, dopo aver udito lo sparo, non è scappato bensì ha cercato di aiutare il piccolo.
Ma il suo non sarebbe stato l’unico gesto eroico. Spettatore di quella atroce scena, nonché vittima anche lui della strage di Ardea, Salvatore Ranieri, un anziano pensionato di 74 anni che avrebbe tentato di fare scudo con il suo corpo nel disperato tentativo di proteggere i due fratellini. L’uomo è stato raggiunto alla nuca da un secondo colpo esploso dalla pistola di Pignani, una ferita che non gli ha lasciato scampo.
Terza vittima della furia omicida del 34enne sarebbe stato Daniel, raggiunto anche lui da un proiettile purtroppo fatale. L’uomo è poi ritornato in casa mentre le vittime della strage di Ardea venivano raggiunte dai genitori, la mamma dei due fratellini aveva infatti udito gli spari e, dopo aver compreso l’accaduto (in principio aveva pensato fossero dei petardi), si è precipitata fuori insieme al marito nel disperato tentativo di soccorrere i propri figli.
“La madre dei due ragazzi era in casa, ad un tratto ha sentito i colpi, pensava che fossero dei petardi o degli spari di cacciatori che proprio in quella zona vanno in cerca di cinghiali […] Quando la mamma ha capito cosa stesse accadendo è uscita di casa di corsa e in pochi istanti ha raggiunto i figli. Li ha trovati in una pozza di sangue, ancora respiravano”.
È quanto dichiarato dall’avvocato Diamante Ceci, legale della famiglia Fusinato, aggiungendo che i piccoli sono morti tenendo la mano del padre che li ha raggiunto dopo aver udito le urla della moglie.
La strage di Ardea si è poi conclusa con il suicidio dell’assassino: Pignani è infatti rientrato nella sua abitazione e, dopo aver raggiunto la sua stanza, la mansarda nella quale viveva completamente isolato dal mondo, si è ucciso con la stessa arma che aveva puntato contro le tre vittime.
Strage di Ardea: l’esame autoptico e le indagini.
Secondo l’autopsia svoltasi ieri mercoledì 16 giugno presso l’istituto di medicina legale di Tor Vergata, entrambi i bambini sono deceduti in seguito ad un unico colpo, Daniel è stato colpito al petto e David alla gola.
Oggi invece si procederà ad effettuare l’esame autoptico sul corpo dell’assassino, sottoposto anche ad esami tossicologici per comprendere se abbia agito sotto l’effetto di droghe o fosse consapevole di ciò che si apprestava a fare.
Intanto l’Arma dei carabinieri e la Procura di Velletri indagano sulla strage di Ardea con la speranza di comprendere il motivo che ha spinto Pignani ad uccidere i due bambini e l’anziano passante.
Contrariamente a quanto trapelato nelle ore successive il triplice omicidio, non vi era stato in precedenza alcun contratto tra la famiglia delle vittime, in particolar modo quella dei due bambini, e il killer, i Fusinato e i Pignani nemmeno si conoscevano.
Al momento gli inquirenti non escludono nessuna pista, si ipotizza un raptus come un’azione premeditata, ipotesi avallata dall’abbigliamento e dal comportamento dell’omicida: Pignani infatti, nonostante la calda giornata di domenica, sarebbe uscito di casa armato, indossando guanti ed una felpa con il cappuccio alzato sulla testa.
“Dagli accertamenti eseguiti non risultano ulteriori denunce o segnalazioni a suo carico – spiegano gli inquirenti – né che l’omicida fosse in cura per patologie di carattere psichiatrico né tantomeno che fosse in possesso di certificazione medica rilasciata da strutture sanitarie. Le attività di indagine svolte dai Carabinieri di Frascati e di Anzio, sotto la direzione della Procura della Repubblica di Velletri, proseguono, anche al fine di verificare eventuali responsabilità in ordine all’illecita detenzione dell’arma da sparo, per la quale non risulta sporta alcuna denuncia”.
La pistola usata dal killer era difatti appartenuta al padre, un’ex guardia giurata, deceduto alcuni mesi fa. La moglie, nonché mamma dell’assassino e sua convivente, non ne aveva mai denunciato il possesso in quanto, come lei stessa ha riferito alle forze dell’ordine, l’arma era scomparsa poco dopo la morte del marito.
Ora la donna rischia l’accusa di detenzione abusiva di armi, un reato punibile con un’ammenda di 371 euro o l’arresto da 3 a 12 mesi.